InvestiMenti convenienti.
Non dorme sonni facili lo psicologo oggi in Italia. Parlando con colleghi di diverse regioni spesso ci si trova a fare amare constatazioni sullo stato della Psicologia nel nostro paese. Investimenti bloccati, mancanza di richieste, ambienti sigillati proprio dove la presenza di un professionista sarebbe auspicabile. Sotto all’etichetta crisi, utilizzata spesso anche a sproposito solo per evitare investimenti e sottopagare il personale, vengono fatti tagli, proposte tariffe neppure menzionabili per legge, trasformati in volontariato posti di lavoro che andrebbero pagati. A fronte di spese molto alte da sostenere per poter praticare il proprio mestiere, le prospettive sembrano sempre più fragili e sfumate. Tanto che alcuni colleghi giocano al 3×2, lanciano pagamenti orari al limite dell’illecito, propongono iniziative non sempre lodevoli. I risultati sono una categoria professionale stanca, spaventata, portata a chiedersi sottovoce “chi me lo ha fatto fare?”.
La cultura italiana non è permeata di psicologia come altre. Ancora il pregiudizio della vecchia equazione psicologo=matto vince nonostante decenni di lavoro e costruzione di significato intorno all’operato di tanti professionisti. Ancora il primato davanti al disagio è del medico, del farmaco, della cura contro il prendersi cura e la prevenzione. Lo studio dello psicologo è “l’ultima spiaggia”, quella dove non si sarebbe mai voluti naufragare. L’immaginario collettivo, poi, si ritrova a galleggiare tra immagini stereotipate di sorridenti personaggi televisivi che promettono soluzioni facili con poche risolutive formule magiche e qualche sfumatura di fard. La psicologia cotta e mangiata degli aforismi commoventi che colpiscono o di superficiali letture interpretative che fatta una la si può mettere su tutto.
Non è così in tutta Europa, il Ministero della Salute inglese varava tempo fa un progetto di ben 4 anni dal nome, per noi psicologi commovente, di “Non c’è salute senza salute mentale” ( “No health without mental health: a cross-government mental health outcomes strategy for people of all ages” ) Ne parlavano mesi fa, sul Fatto Quotidiano, due colleghi che stanno facendo del loro meglio per sdoganare la materia dalle cantine polverose della società e creare una nuova cultura psicologica fruibile, condivisa, soprattutto visibile, Luigi D’Elia e Nicola Piccinini. Riportavano, nel loro articolo, uno studio di economia sanitaria della London School of Economics che definiva una semplice verità, un programma di prevenzione e cura sui disturbi psicologici più diffusi, permette di ridurre la spesa sanitaria nazionale con sommo guadagno per il paese tutto. Ripetiamolo,stiamo parlando di economia sanitaria non di buon senso o altro, numeri reali e con molti zero. Quindi, investire per avere più terapeuti sul suolo nazionale aiuta ad avere domani meno spese sul territorio. Non quindi una lettura basata sul voler far felici gli individui ma su un concreto studio costi-benefici della mancata prevenzione e risoluzione del disagio psichico presente in qualunque popolazione.
Nell’articolo, i due psicologi intervistavano Piero Porcelli, psicologo dell’Ospedale “De Bellis” di Castellana Grotte (Ba), in merito alla filosofia che sorregge questo progetto per scoprire che il pensiero che è alla base di tutto è semplicemente questo: “migliorare la salute a tutte le età significa migliorare la salute mentale.” Banalmente, trattare oggi disturbi come la depressione maggiore permette di evitare domani una spesa non solo di natura economica ragguardevole ma anche umana, che si riflette poi sulla qualità della vita di tutto il Paese. Come diceva un vecchio slogan “Prevenire è meglio che curare” sotto innumerevoli aspetti.
Il fatto è che in Italia non si lavora in prospettiva sul futuro, si guarda oggi e non si investe, certamente a seguito di priorità economiche spinose, nel campo psicologico. Ma è davvero un pensiero che funziona quello di non investire nella prevenzione, in un servizio che accolga i cittadini, in una cultura psicologica che non sia solo farmaci e talk show concentrando la propria attenzione su altro tipo investimento? Un paese che sta bene, non è un paese maggiormente produttivo anche a livello di PIL? Infiacchire gli sforzi di chi ogni giorno cerca di tenere alta la professionalità del proprio lavoro, aggiornandosi, mantenendo un alto livello di prestazioni ripetendo che non è il momento, che ci sono altre priorità, che si può fare psicologia gratuitamente come fosse un accessorio, che tutto sommato si può evitare lo psicologo perchè “non stiamo così male”, mi chiedo, non è forse, alla luce anche di quanto i nostri vicini inglesi stanno costruendo, un atteggiamento che finirà solo con il bruciare delle risorse enormi lasciando le persone ancora più sole con i loro problemi? Io una risposta me la sono data.
L’arma segreta : La Prevenzione
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