
Dillo che ti passa! Come il Coming Out migliora la salute
Continuavo a dirmi che il cielo era rosso, ma ho sempre saputo che era blu. Nessuno vuole vivere nel terrore, ma io ho sempre avuto paura di dire la cosa sbagliata. Non dormo bene, non ci sono mai riuscito. Ma ogni volta che lo dico a qualcuno, mi sento più forte e riesco a dormire un pochino meglio. Serve un enorme quantitativo di energia per difendere un segreto così grande. Ho vissuto a lungo in una bugia. Ero certo che il mio mondo sarebbe crollato se qualcuno avesse saputo. Eppure quando ho finalmente capito la mia sessualità mi sono sentito completo per la prima volta. Jason Collins, (primo cestitsta americano a parlare della sua sessualità)
“Coming Out” significa, letteralmente, “uscire fuori”. In principio, la frase per intero era Coming Out of the closet (Uscire dall’armadio o ripostiglio) ed indicava il dichiarare il proprio orientamento sessuale o la propria identità sessuale, uscendo dal buio e dal silenzio del timore, del giudizio, del pregiudizio, della reazione altrui. Venire allo scoperto è per moltissime persone un passo non facile. Specialmente quando si parla di sesso, dire a tutti “amo gli uomini”, “amo le donne” o “mi sento uomo o donna” significa parlare di sé ed essere pronti alle reazioni, non sempre positive o anche alla paura che possano non esserlo.
Un programma de La5 ci propone di allargare lo sguardo, passando dallo svelamento puramente sessuale a quello di altre peculiarità della propria vita che per un qualche motivo non si è mai avuto modo o coraggio di dire. Si tratta del docu-reality “Coming Out” appunto, che affronterà dieci storie di persone che, alla fine, hanno raccontato chi sono. Storie dove si parla di come parlare di chi si è con chi si ha vicino, con tutta la fatica che questo comporta. Ma non è solo il sesso a fare la parte del padrone, spesso sono molte le cose che nascondiamo nell’armadio per paura di perdere qualcuno, per timore del giudizio del mondo che ci circonda.
Ci sono aspetti del nostro essere che fingiamo non siano parti di noi, che non si debbano mostrare o che sarebbe meglio lasciare in un angolo nascosto.
Come il proprio aspetto fisico nelle storie online, quelle che fanno fatica a diventare reali uscendo dallo schermo o le proprie aspirazioni quando non sono in linea con quelle indicate da storie familiare o, ancora, come ammettere di voler lasciare un lavoro, magari un posto fisso, per seguire un sogno.
Di velato c’è molto, nelle vite di molti. Stili di vita, ideali, orientamento sessuale. Molti aspetti vengono trattenuti, a volte si riesce a parlarne con qualcuno, cercando la forza di rendersi visibili, altre si fa fatica, vivendo tra le bugie che si è costruito un periodo più o meno lungo.
Ogni bugia però ci allontana da noi stessi, alla possibilità di vivere la storia che vogliamo, di scrivere il racconto della nostra vita con le parole scelte da noi stessi, con gli uomini o le donne che desideriamo, con il corpo che sentiamo appartenerci.
Eppure, svelarsi, fa bene.
In un articolo del 2013 scritto per la rivista “Psychosomatic Medicine” dal Team del CSHS ( Centro Studi per lo Stress Umano) Robert-Paul Juster, Nathan Grant Smith, Émilie Ouellet, Shireen Sind e Sonia J. Lupien, “Sexual Orientation and Disclosure in Relation to Psychiatric Symptoms, Diurnal Cortisol and Allostatic Load”,si affronta il problema lavorando su come ricade sulla salute il proprio svelarsi o meno. Si è andati a vedere quanto sia diverso il livello di stress, manifestato da sintomi depressivi, in lesbiche, gay e bisessuali che abbiano o non abbiano svelato al mondo il loro orientamento sessuale.
Nonostante il progresso che si è avuto nella società, nonostante le associazioni, il lavoro di professionisti e genitori, protagonisti direttamente e non che manifestano, scrivono, vivono la loro esperienza, nonostante i film che ci emozionano e ci fanno capire, nonostante tutto, siamo ancora incapaci di vedere la bellezza di un mondo arcobaleno. E chi capisce la propria omosessualità, da bambino, da adolescente, da adulto che sia, teme, si vergogna, pensa di aver sbagliato qualcosa. E lo pensa perchè gli viene fatto pensare, perchè chi ha intorno si allontana, comincia il gioco crudele dell’isolamento, della discriminazione, delle battute nei bagni, nei cortili, nelle scuole. Non sempre, certamente, ma sempre troppo spesso. E cosa ci rimane se non veniamo visti e amati per quello che siamo? Per questo il dover sopire, nascondere, camuffare la propria identità o il proprio orientamento, diventa con il tempo uno stress a cui ci si abitua, ma non per questo fa meno male.
L’orientamento sessuale, chi si ama e con chi si fa l’amore, sono ancora fortemente stigmatizzati e fonte di ansia e stress.
Per questo, il coming out non viene sempre fatto e spesso si decide di nascondersi dalla famiglia, come dagli amici e sul lavoro. Ci sono coppia che ancora oggi, che in Italia abbiamo le unioni civili, che non sono tutto ma sono qualcosa, vengono ritenute dalle loro famiglie, una coppia di amici/amiche che vivono insieme, magari da vent’anni ma senza che nessuno riesca a pronunciare la parola “amore” o “coppia”.
Questo nascondersi aumenta la produzione di quello conosciuto come l’ormone dello stress, il cortisolo. Questo cresce fino a definire livelli di stress cronico che possono di molto peggiorare il benessere della persona, logorandola fino al burn out. Chi cela la propria condotta sessuale, manifesta molto più facilmente un alto livello di ansia e depressione mentre chi si “svela” abbassa i livelli di cortisolo e vive meglio.
I problemi psichiatrici, lo stress, il malessere dovuti al vivere nascosti ai propri cari, con la certezza che sarebbero troppo delusi dal conoscere la vera storia, sono molto meno presenti in chi vive in maniera “dichiarata” la sua sessualità e quindi le sue giornate. Il ruolo dell’auto-accettazione e la comunicazione della propria natura al mondo implica un miglioramento della salute psico-fisica.
Se mi accetto come sono, se mi presento agli altri per quello che sono, la vita in genere si trasforma in più sopportabile.
Uscire dall’armadio, dal proprio nascondiglio personale, per farsi vedere da parenti, famiglia e amici è un momento di trasformazione e passaggio fondamentale che si presenta come un anti-stress, capace di proteggere la persona da sintomi anche patologici. Il richiamo è alle società in genere, perchè rendano più facile accettarsi e accettare il proprio modo di essere, che sia omosessuale, bisessuale o eterosessuale, lavorando sulla promozione di una educazione che contrasti la violenza di genere, l’omotransfobia, il pregiudizio, la paura. Per far questo, l’arma che abbiamo sempre dalla nostra parte è l’educazione e la cultura, la nostra umanità farà poi il resto.
Quello di cui abbiamo ancora bisogno sono delle politiche sociali che vadano a cancellare lo “stigma” di essere quel che si è e la possibilità di muoversi persone tra le persone, dove non si deve essere tollerati, ma si può essere se stessi, di qualunque colore pelle o cuore si sia.
Pollicino: Persone che si nascondono a quello che sono L’Orco : La stigmatizzazione ed il pregiudizio rispetto a sessualità non etero
L’arma segreta : Tolleranza, una cultura che non renda più necessari armadi e angoli bui dove nascondere la propria vita
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