Top
Solitudine nei giovani - Connessi Sì ma meglio se a Se Stessi - Pollicino era un grande
fade
14084
post-template-default,single,single-post,postid-14084,single-format-standard,eltd-core-1.1,flow-ver-1.3.5,,eltd-smooth-page-transitions,ajax,eltd-grid-1300,eltd-blog-installed,page-template-blog-standard,eltd-header-vertical,eltd-sticky-header-on-scroll-up,eltd-default-mobile-header,eltd-sticky-up-mobile-header,eltd-dropdown-default,wpb-js-composer js-comp-ver-5.0,vc_responsive

Solitudine nei giovani – Connessi Sì ma meglio se a Se Stessi

La solitudine dà alla luce l’originale che c’è in noi.
Thomas Mann

 

Prima impariamo a goderci la nostra solitudine, prima potremo scegliere l’altrui compagnia

 
Una, forse la più grande delle paure, è quella di restare soli. La paura di non avere nessuno che ci dica che esistiamo, di non abitare i pensieri di nessuno. Questo terrore di non essere pensati, porta molte persone ad accontentarsi di quello che vive anche quando preferirebbe altre esperienze. Negli adulti questo si trasforma, solitamente, nel lasciare che a scegliere sia la vita o le aspettative altrui, nell’ingenua speranza che questo plachi ogni fame di altro, che questo possa definire un’ordine accettabile nella propria vita e, di conseguenza, possa diventare con il tempo appetibile. Ma non è quasi mai così.
 
Se le scelte non sono tali, ma sono dirottamenti del desiderio verso quello che riteniamo possibile e non quello che vogliamo profondamente, una qualche conseguenza per il nostro benessere non tarderà ad arrivare, per quanto saremo “bravi” a non ascoltarci.
 

La solitudine non è mica follia, è indispensabile per stare bene in compagnia. Giorgio Gaber

 
Ma la paura di restare soli, di vivere l’esistenza in solitudine, finisce con il condizionare la direzione che viene data alla vita di ognuno e non sono solo gli adulti a temere la solitudine, anzi.
 

La solitudine è un sentimento molto diffuso nel mondo giovanile.  Il dolore di non sentirsi percepiti da altri, lontani dal pensiero degli altri, ferisce moltissim* ragazz*

 
Sono molti i giovani adulti a fare l’esperienza della solitudine, a sentirsi tagliati fuori da eventi gioiosi e a non sentirsi parte di qualcosa. Certo, non stiamo parlando della solitudine dell’eremita, quella che ci vuole unici abitanti di una irraggiungibile montagna, ma del sentirsi isolati in mezzo alla gente, di non sentirsi visti dalle persone. Senza significato per la vita degli altri, senza una mano tesa che vuole stringere la nostra, una piccola isola persa in un oceano vuoto.
 

 
L’adolescente, il giovane adulto, cercano entrambi di andare contro la solitudine, sfoderano tutte le loro armi, spesso non sufficienti, per trovare un legame con qualcuno, per avere un posto nel loro gruppo, per connettersi con gli altri, per stare insieme ai propri coetanei.  Durante questa ricerca di contatto incontrano la tecnologia. Oggi nessuna creatura del mondo moderno sembrerebbe possa vivere senza una connessione internet, senza un social a proprio nome, senza. Eppure essere presente sui social, mostrare foto sorridenti, documentare ogni proprio movimento non è detto che sia la strada maestra per la felicità o anche solo per la notorietà tra i pari. Anzi, questa immagine di continua allegria, di feste, di risate e persone sempre in compagnia, offre una immagine spesso non veritiera di cosa sia la vita, offrendo obiettivi non sempre facili e immediati da raggiungere.
 

Sembrerebbe che la connettività abbia favorito il sentimento dell’esclusione, il sentirsi isolati e non più in contatto con gli altri.

 

Una  giovane ragazza, matricola del college, ha realizzato un piccolo video (parliamo di meno di cinque minuti) dove racconta con immagini e parole la sue solitudine, il suo sentirsi disperatamente sola in questa nuova esperienza, sognata come perfetta e piena di gioia. Il titolo è “My College Transition“. Se l’aspettativa del college era, per la giovane Emery, un sogno di feste, relazioni, felicità, la verità esperita sulla propria pelle è diversa. Moltissimo. Quella gioia per tutto decantata dai social, è posticcia e lei non riesce ad entrarci in contatto.
 
Il video, è stato prodotto per l’UnLonely Film Festival 2018.  Per i giovani, esperienze come andare all’università, rappresentano molto spesso la prima vera esperienza fuori casa, in autonomia ma anche solitudine. Se tutti sono d’accordo con il dipingerla come straordinaria, nella realtà dei fatti spesso è deludente o difficile. Solitudine, tristezza, sentimento di isolamento entrano a  far parte della quotidianità specie per chi vive molto lontano da casa. Nel video di Emery, si riconosce una speranza di unione e divertimento in compagnia che nasce dopo un profondo senso di solitudine e isolamento.

 

Gli anni in cui si dovrebbe cavalcare l’onda della propria vita, quella perfetta dei surfisti, che porta a varcare altezze straordinarie, si mostrano, invece,  duri, uno dei momenti più feroci, della vita. Per questo molti ricercatori suggeriscono che la solitudine e l’isolamento sociale sono, per i giovani adulti, tra i principali elementi che possono portare al suicidio.

 

La verità è che si è convinti che tutto sia immediato e non costi nulla, sia quello che deve essere. La velocità della comunicazione e dei social crea una illusione di assenza di fatica nell’arrivare ovunque, che crea frustrazione quando ci si accorge che non è proprio così.  Ogni cosa ha bisogno di tempo e costa fatica.

 

Farsi conoscere, avere una vita sociale non capita da un momento all’altro come sembrano suggerire le foto, i video, i racconti dei ragazzi post dopo post, su Facebook o Instagram . Creare dei legami, o una nuova routine, rappresenta un processo di costruzione che vede le giovani e i ragazzi coinvolti in prima persona. Non è sempre facile e tanto meno veloce e bisogna dedicarsi un po’. Ma i giovani spesso sentono la pressione sociale, la tristezza di non avere tutto e subito, con un progressivo ritiro dalla scena sociale e un potente disinvestimento sul mondo delle relazioni. Educare i ragazzi è anche insegnargli la differenza tra la comunicazione dei social e il ritmo della vita reale, tra promozione continua di sé e costruzione quotidiana del sé.

 

Bisogna imparare a dedicare tempo a se stessi, entrare in contatto con il proprio spazio, le proprie necessità e capire come entrare nella vita delle persone, come farsi presenti, con lentezza. Apprendere come costruire rapporti e non consumarli.

 

E’ importante trovare il proprio modo di rendere tutto questo possibile. Bisogna imparare ad avere cura della propria solitudine, farla diventare una possibilità piacevole dove scoprire se stessi, crescere lentamente per poi cercare il contatto, la connessione con gli altri giorno dopo giorno, facendo sentire il proprio desiderio di vicinanza e di umanità.

 

E’ nel lento procedere delle relazioni che si instaura un possibile legame duraturo o anche solo un piacevole stare insieme momentaneo.

Pollicino: Giovani che temono la solitudine

L’Orco: La paura dell’isolamento, del restare soli 

L’arma segreta: Darsi tempo, dedicare spazio a noi stessi per entrare in contatto con gli altri

Marzia Cikada

She - Her Psicologa, psicoterapeuta, sex counseling, terapia EMDR per il trauma. Incontra persone che vogliono stare meglio, a partire dall'adolescenza. Nel suo spazio ogni persona può sentirsi a casa. Ha creato il progetto Vitamina di Coppia, con la collega Sara De Maria. Riceve online e nei suoi studi di Torino e Torre Pellice.

Commenti

Scrivi un commento