SCHWA. Sono davvero ALTRI i problemi?
La lingua ci rappresenta, quindi, mentre il mondo cambia, la stessa lingua è tenuta a farlo. Non solo.
Il linguaggio è portatore di valori, di significati e di visibilità. Non esiste qualcosa che è senza nome. Per questo prima ancora di tenerla tra le braccia, madri e padri del mondo scelgono un nome alla creatura che attendono. Spesso anche discutendo animatamente. Stanno creando il suo posto nel mondo. Quel nome diventa la persona che nascerà, rappresenta, prima della sua nascita, la sua storia passata, quella della coppia (o della persona) che ha scelto di farla arrivare nel mondo, quella delle famiglie che si intrecciano con il suo concepimento.
Una parola e c‘è.
Ma molte persone non ci sono nella nostra lingua. Perché non sono rappresentate. Per questo, negli ultimi anni si è cominciato a pensare a come adattare il nostro complesso italiano, alle nuove esigenze di inclusione. Perché non solo il maschile non basta, ma non basta neppure il femminile. Il mondo non è binario, ci sono molte persone gender non-conforming, che hanno bisogno di sentirsi nel mondo e non ai suoi margini.
Chi sono le persone Gender Non-Conforming (GNC se vogliamo usare una sigla)? Sono le persone che non si sentono rappresentate con il loro genere biologico (quando non intersex) e/o non si sentono comprese nel binarismo maschio/femmina. Possono essere persone transgender o non binarie, avere mille sfumature nel loro sentire e definirsi. Questo non a che vedere con il loro orientamento sessuale, quindi non facciamo confusione. Le persone gender variant possono vivere questa non concordanza già in tenera età, per questo dobbiamo imparare ad ascoltare.
Ed ecco qui che arriva lo schwa. Se ne parla sempre di più, se ne scrive sempre di più. Con nomi illustri che si prendono la responsabilità di trasformare il nostro linguaggio in un posto accogliente per ogni persona (come Michela Murgia per dirne una). Che vuole dire? Che chiunque deve sentirsi rappresentatə quando si parla.
Sentire di appartenere è uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano. Maslow lo ha messo quasi alla base della sua piramide, dopo quelli fisiologici legati alla prima sopravvivenza e quelli di sicurezza. Insomma, dopo che mangio e bevo e ho un tetto, ho bisogno di sentire di far parte di qualcosa, meglio se della mia comunità. Quindi un linguaggio che non rappresenta tuttз è un linguaggio che non permette di rispondere ad un uno dei bisogni fondamentali che ogni persona ha.
Per questo la lingua è tenuta a cambiare.
Quindi in breve lo schwa serve a comprendere chiunque quando si parla, senza le limitazioni del binarismo, e si presenta come lo schwa breve ə (forma singolare) e lo schwa lungo з (forma plurale). Non ha suono, e ce la spiega meglio questo passaggio del sito che si sta occupando di creare una lingua contemporanea. Lo stesso progetto che ha scritto questa bella risposta alla Crusca sull’utilizzo dell’italiano. Insomma, perché sia possibile farsi una idea complessa, come complessa è la questione.
Ci sono alcuni casi più complessi, ovvero quelli di tutte le parole che si declinano in modo irregolare, non cambiando solo la desinenza fra maschile e femminile. Il caso più comune è quello dell’articolo determinativo, sia al singolare che al plurale. Per quanto riguarda la declinazione di quello al singolare, proponiamo che la versione inclusiva di il / la sia lǝ e quindi scriveremo, ad esempio, lǝ maestrǝ.
Tratto da italianoinclusivo.it
Analogamente, al plurale, laddove si usa i / gli al maschile e le al femminile, si può declinare in senso inclusivo con lз. (…). Pertanto, ad esempio, poeta / poetessa sarà declinato come poetǝ, mentre pittori / pittrici sarà declinato come pittorз.
La confusione è naturale in momenti di cambiamento.
Ci vuole tempo e fatica, quella di adeguare il nostro modo di pensare. La confusione passa comprendendo le ragioni della trasformazione e allenando il cervello a rappresentare a parole una versione amplificata e migliore della realtà, dove migliore sta per “per tuttз “. Certamente una voce fondamentale di questo momento di transizione è Vera Gheno, sociolinguista dell’Università di Firenze che ce la sta mettendo tutta per sostenere il cambiamento e per conoscere la schwa. D’altronde se non comprendiamo non possiamo scegliere. E qui non si sta imponendo, si sta raccontando la vita e questa parla attraverso la lingua. Di conseguenza, c’è bisogno di nuove parole, per esprimere realtà che sono state sempre presenti, senza trovare un posto a sedere nella mente della maggioranza.
Ecco qui Vera Gheno in un video di giugno 2021 che può aiutare a chiarire punti che non è della scrivente spiegare così bene.
Certo non basta la schwa e neanche le altre forme di linguaggio che si stanno inserendo nella lingua scritta (asterischi e non solo), ma è un inizio, un passaggio necessario. Insieme al bisogno di rivedere il mondo dei pronomi, sono due passaggi che diventano sempre più impellenti.
La lingua si evolve non solo per la grammatica e per la forma, ma si evolve come specchio della realtà sociale, come fotografia di una comunità. E dobbiamo prenderne atto responsabilmente.
D’altronde, il tema del sessismo nel linguaggio se lo era già posto nell’ormai lontano 1987 Alma Sabatini che aveva scritto Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana e già allora ci ricordava come la lingua cambi costantemente. Il tema era proprio il maschile sovraesteso che andava a rinforzare una serie cospicua di stereotipi sociali. Oggi, diversi decenni dopo, alcune trasformazioni sono quasi accolte come “normali” cioè statisticamente fanno parte del linguaggio di una moltitudine rappresentativa di persone. Per esempio si parla di diritti umani e non più dei diritti dell’uomo, la storia dell’umanità e non la storia dell’uomo. Inoltre, alcune forme di professioni al femminile sono sempre più prassi, anche se non è ancora chiuso neppure quel capitolo.
Il linguaggio si fa espressione della realtà socio-politica di un paese, del suo umore, di quanto dentro quello spazio è permesso o proibito, accolto o giudicato, escluso o incluso.
Non è questione di “suona bene o suona male” ma è questione di difesa dei diritti delle persone. A chi fa il mio lavoro, questo tema pesa tantissimo. Perché le parole pesano, definiscono, feriscono. Abbiamo il compito e la responsabilità di creare il cambiamento che necessitiamo avere. Facendo spazio ad un futuro fatto di CON e non di CONTRO. Per questo non sono altri i problemi, per questo è importante parlarne, cercando di migliorare sempre, chissà come scriveremo e parleremo tra anni. Ma io mi auguro lo faremo al meglio e lo faremo per tuttз.
Nel mio piccolo utilizzo la schwa quando lo ritengo necessario, insieme a costruzioni di frasi più complesse ma maggiormente rappresentative della realtà. E così faccio nella mia vita e nel mio lavoro. Come anche nel progetto per il benessere delle coppie, qualsiasi coppia, Vitamina di coppia . Questa idea, nata e curata insieme con la collega Sara De Maria, parla a ogni persona, quale sia il suo genere, la sua identità, il suo orientamento.