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Decostruiamo le premesse di questa cultura violenta per costruire bellezza (per un Settembre di speranza) - Pollicino era un grande
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Decostruiamo le premesse di questa cultura violenta per costruire bellezza (per un Settembre di speranza)

Settembre per me, in questo 2023, inizia amaro.

Gli eventi brutali di queste ultime settimane (segui il link a seguire) velano questo rientro. Mi appesantisce, un sentimento frustrato e denso di impotenza.

Stupri, normalizzati da tanti piccoli gesti e parole da far pensare sia quasi impossibile cambiare la cultura in un cui siamo immersɜ, violenze contro vite che, delle nostre umane piccolezze, nulla sanno.

Un riccio, una capra, una orsa, delle donne, poco più che bambine. Potrebbe essere l’inizio di un bellissimo racconto sul potere della natura. Non è così che possono iniziare le storie magiche? E invece è una storia di irresponsabilità, grettezza, violenza quella che ci raccontano. La vita animale che incontra la mano umana, la creazione di un equilibrio che dovrebbe poter essere naturale. Almeno nelle situazioni in cui la ferocia non è necessaria, perché non si sta combattendo nessuna battaglia per la sopravvivenza.

La peggior violenza nasce nell’assoluta mancanza della sua necessità. Dove non ve n’è bisogno alcuno.

Si alza come un grido di possesso e rivendicazione di un potere che non serve, eppure, per talune persone, quel potere urlato, a calci, pugni, violenza verbale e fisica, spari, quel potere è fondamentale per definire la propria esistenza.

Quale fragilità cela una vita che ha bisogno di creare morte, fisica o interiore, per nutrire la propria autostima? Quale nutrimento hanno avuto queste anime sperse per ritenere che gesti tanto irresponsabili possano avere come conseguenza, il riconoscimento della loro, inutile e volatile, grandezza? Essere vistɜ attraverso la propria violenza, senza responsabilità, senza rispetto, senza consapevolezza della vita che si calpesta per rivendicare la propria esistenza. Questo l’obiettivo dell’inconsapevole per riempire qualcosa che urla nel suo vuoto. E che comunque, probabilmente, non si riempirà, generando altra irresponsabilità.

Quanto dobbiamo disfare e ricreare per dare a queste anime povere di anima, una voce che sia rispettabile? In grado di chinare il capo nella vergogna, davanti alle conseguenze delle proprie azioni. Quanto dobbiamo decostruire del mondo, che pare invece stiamo fortificando? Un mondo che permette sia pensabile l’impensabile, l’aggressione come comunicazione di potere, in assenza di pericolo. L’idea che il proprio valore sia reso palpabile dal creare dolore e umiliazione. In che modo abbiamo permesso che questo sia plausibile, anzi, auspicabile al punto da avere l’intenzione del male?

Davanti a queste riflessioni e alle loro moltissime, secolari, risposte, mi sento impotente.

Eppure, mi rendo conto che non me lo posso permettere, che devo poter guardare dentro questo abisso emotivo, questo blackout della responsabilità per esercitare il mio potere, piccolo, irrisorio ma pur vivo e calciante, di accogliere il mio compito. Il più complicato dei compiti.

Farsi carico di buttare giù per ricostruire. Far vedere quanto queste premesse siano marce, perché si possano costruire nuove fondamenta sane, conciliabili con la naturale confusione della vita, con la mancanza di linee rette, con la bellezza dentro ogni essere dotato di respiro. Celebrando la bellezza del caos che la vita porta con sé, senza che questo spaventi, ma accompagni ad accogliere il privilegio di esserci e la meraviglia di costruire responsabilità, accoglienza, saggezza del limite.

Settembre è per me il mese della responsabilità.

Questo, se posso provare a sognare, vorrei costruisse questo mese. Diventare, e sostenere chi vuole diventare, una persona adulta che, proprio perché tale, celebra la vita che esiste, in ogni sua forma. Non serve comprendere, è necessario riconoscere, validare, affermare l’esistente. Una persona adulta che accetti la responsabilità di sentire intorno a sé il dolore, come la gioia. Una persona adulta che impari che si è più visibili nel momento in cui ci si perde in una armonia di differenze che coesistono, in questo gran mélange che chiamiamo mondo.

La forza che vorrei costruire, è quella della delicatezza, della gentilezza, dell’ascolto che non ha bisogno di consensi urlati, perché sente e riconosce il confine. Sarebbe bello scrivere una favola capace di lenire tutto il dolore di queste settimane.

Una che inizi con “C’è oggi una giovane donna libera di essere come vuole, che incontra un riccio, una capretta, un’orsa e insieme percorrono la strada che scelgono di percorrere, senza temere per quello che sono. Perché non ci si deve difendere, se chi è intorno a te, ti riconosce, anzi, si può camminare insieme, fino a dove il tempo lo consenta…

Marzia Cikada

She - Her Psicologa, psicoterapeuta, sex counseling, terapia EMDR per il trauma. Incontra persone che vogliono stare meglio, a partire dall'adolescenza. Nel suo spazio ogni persona può sentirsi a casa. Ha creato il progetto Vitamina di Coppia, con la collega Sara De Maria. Riceve online e nei suoi studi di Torino e Torre Pellice.

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