
I miei 20 anni (di professione). Non c’è mai fine al meglio
Comincia ad essere adesso ciò che tu vuoi essere domani.
William James
Quando ho iniziato l’università non sapevo come sarebbe andata a finire. Avevo paura.
Di sbagliare, di non essere all’altezza, di restare intrappolata in quella che ero stata per tutti gli anni del liceo. Non ero stata la prima della classe, se volete saperlo, anzi a dirla tutta, mi stupirei che qualcuno si ricordasse di avermi incontrata in quegli anni. Ero invisibile persino a me stessa, con la testa in un futuro che tardava ad arrivare e i piedi incastrati in un presente di almeno due misure più piccolo del necessario.
Non sempre si sceglie il proprio mestiere del tutto consapevoli. A diciotto anni sapevo molto poco di cosa volevo davvero fare da grande. Ero certa solo di una cosa, avrei avuto bisogno di storie.
Di storie me ne ero inventate tante, ne avevo scritte, ne avevo create negli angoli stretti della mia vita, di quelli che per respirare devi trovare come aprire un pertugio da cui far passare l’aria. Il mio piede di porco erano state le parole, quelle lette nei libri e poi scritte sotto falso nome, inventando a 8 anni un suono straniero per il mio pseudonimo, famoso scrittore ungaro inesistente che scriveva poesie di cani e di solitudine che io mettevo sotto il naso degli ignavi e annoiati compagni di classe. La ghost writer di me stessa in salsa gulasch.
Con le storie potevo immaginare che poteva andare diversamente o che potevo reggere un dolore che mi sembrava intollerabile. A 8 anni sono pochi i dolori che non lo sembrino, intollerabili. E poi si cresce e le storie sono porte per i mondi degli altri, porte da attraversare lentamente, in punta dei piedi, con la delicatezza di chi entra in una casa sconosciuta per la prima volta e non è certo che i cioccolatini portati in dono ai padroni di casa siano graditi.
Cosa mi ha insegnato l’Università? La possibilità e la confusione.
Insieme a varie tecniche di sopravvivenza quotidiana in un ateneo enorme dove si era nessuno, il più delle volte. Ma sono state lezioni importanti. Per esempio lottare diverse volte per far comprendere che quel cognome che avevano scritto malamente, per una qualche dissonanza cognitiva, apparteneva proprio a me. Sopportare gli sgraditi giochi di parole che, sempre il mio povero cognome, suggeriva e ben più spiacevoli episodi vissuti in prima o seconda persona.
Del mare magnum di informazioni di cui avrei avuto bisogno per costruire la mia professionalità? Di certo non ho trovato quanto avrei voluto.
Molti stimoli, ma poca concretezza. Eppure sono stati anni in cui ho messo le basi di quella che sono diventata, grazie a qualche bravo professore certamente ma, ancor meglio, grazie a qualche pessimo insegnante, perchè anche da loro avevo da imparare. Quanto meno per differenza.
L’Università mi ha insegnata la possibilità. Essere quello che si voleva essere, manifestarsi, cambiarsi in quello che si era. Mettersi davanti allo specchio e sentirsi possibili. Vedere i propri contorni, lentamente, farsi più concreti, sentirsi capace. Esame dopo esame si rinforzava l’idea di una professione che, sempre di più, mi apparteneva. Ma come avrei voluto che qualcuno, anche per sbaglio, mi avesse davvero parlato di cosa fosse fare la psicologa! Ancora oggi mi sembra sia una mancanza dei nostri atenei, non insegnare a guardare al mondo. Eppure è proprio nelle leggi del mondo che lavoreremo. In questo, mi è stata di aiuto la mia insegnante delle superiori. E’ stata lei a insegnarmi ad avere “il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me” (Kant lo aveva insegnato a lei e a milioni di altre persone a sua volta) insieme alla consapevolezza di vivere in un mondo reale, a leggere giornali oltre che libri di studio, a guardarmi intorno per capire quanto dell’esterno fosse capace di definire l’interno delle persone.
E poi la confusione. Che dono fantastico. Senza accettazione della confusione non avrei mai intrapreso un viaggio, tanto poco chiaro, come quello che mi ha portato oggi nell’oceano della psicologia. La confusione che molti temono, per me è stata una manna. Nella confusione puoi allenarti a vedere quel piccolo punto da cui tutto inizia a prendere senso. Le formule esatte le ho lasciate ai matematici, anche se sono certa che sorriderebbero della mia ingenuità, e a chi propone soluzioni magiche preconfezionate.
Io ho imparato che bisogna navigare insieme nella confusione perchè sia possibile, insieme alla persona che abbiamo a fianco, trovare il porto sicuro, quel posto che davvero ci racconta chi siamo. Senza confusione non ci si riesce tanto facilmente. E in un mondo sempre più performante e alla ricerca dell’efficienza, permettersi di vagare anche per poco in acque non limpide, mette paura. Ecco. Accettare la confusione mi ha insegnato a non avere paura, almeno non quella che blocca e immobilizza.
E come sono diventata davvero una psicologa?
Certo da allora sono passati molti anni. Tra formalità che non formano e vere esperienze costruttive. Poi mi sono resa conto che non dovevo cercare qualcuno che mi dicesse “sei una psicologa”, lo ero diventata. In parte lo ero sempre stata. E mi sono accorta che siamo noi a doversi dare questa investitura, perchè dall’esterno potrebbe non arrivare mai, non conta quanta formazione, quanti corsi, quanti libri o volontariato si sia fatto. Il mondo della formazione è spesso eccessivamente “protettivo” e, per tenersi vicine le sue creature, fatica a fargli notare che potrebbero camminare sulle loro gambe, ma continua a fargli temere il fatto che potrebbero cadere o non essere pronti. Mentre ogni professione è fatta di piccole cadute, di emozioni contrastanti, di spazio per migliorare. Competenti sì, ma perfetti non lo saremo mai. Saper accogliere anche le incertezze e non renderle pericolose è qualcosa che segna, anche in questo caso, la nostra serietà. Non sapere tutto, ma sapere cosa non sappiamo e manifestando il limite, superarlo.
La specializzazione mi ha mostrato strumenti e modi per fare di me una terapeuta, innumerevoli formazioni a seguire mi hanno insegnato che, una volta costruite fondamenta solide – le mie sono sistemiche, perchè questa è la mia formazione essenziale – puoi rendere funzionale e più bella la tua preparazione, attingendo, con attenzione e non alla rinfusa, dagli innumerevoli strumenti di cui la ricerca ci ha omaggiato. E per questo non posso che essere felice di essere una psicoterapeuta oggi e non anche solo trent’anni fa. Perchè la mia è una professione sempre in crescita, che grazie alla ricerca, riesce ad offrire sempre nuovi stimoli per aiutare a stare meglio. Magari se ne facesse di più dalle nostre parti! Ma questa è un’altra storia.
Perchè oggi scrivo un post per dirvi che sono venti anni che faccio questo mestiere?
Un po’ per narcisismo, un po’ per timidezza. Che poi 20 anni non sono mica tantissimi, ma che importa, se possiamo festeggiare!? Insomma, mi piacerebbe oggi, condividere una gioia. Perchè mi rendo conto di quanto sia importante fermarsi ai propri traguardi e guardare sempre cosa siamo oggi, senza dimenticarci ieri e le nostre mancanze. Farsi un complimento ogni tanto è necessario. E poi ringraziare, le persone che ho incontrate, colleghe, colleghi ma soprattutto chi ha avuto fiducia in me come mezzo per tornare ad avere fiducia in sé.
Per me non è stato facile, ci sono stati momenti in cui mi sono messa in discussione e altri in cui ho pensato di lasciare perdere. Si chiama crescere e penso sia stato importante, per me, esserci passata attraverso, benedetta confusione, per aver scelto, di nuovo, quello che volevo essere. Come in una bella storia d’amore, non possiamo solo stare insieme, ogni tanto occorre guardarsi di nuovo negli occhi e scegliere come continuare la strada comune.
Mentre io sceglievo la mia strada, il mondo del lavoro ha complicato le cose, oggi diventare psicologa o psicologo è più complesso da una parte, più arricchente e più fantasioso dall’altra. Quando insegno all’Università, vedo giovani spaventati ma anche energici e mi auguro sempre che saranno in grado di mettere insieme queste loro caratteristiche per creare il loro modo di essere una categoria in grado di far fiorire la prossima psicologia.
Oggi c’è una necessità fortissima di professionist* capaci di lavorare con il benessere ed il malessere psicologico, eppure continua ad essere difficile per le psicologhe e gli psicologi trovare il loro posto nel mondo. Intorno a loro sento l’odore pungente dell’amarezza insieme a punte di quella incertezza che porta all’annientamento del pro-attività, quella rassegnazione che ormai ammanta buona parte del paese, che sfinisce e sembrerebbe lasciare solo al lamento l’ultima parola.
Ecco, io so che non deve essere necessariamente così. Io tra venti anni sarò ancora al lavoro, non fosse altro per arrivare alla pensione, ma di certo lavorerò in maniera diversa e con uno sguardo differente. Mi piace pensare che saranno moltissimi i laureati nel 2018 che nel 2038 scriveranno dei loro primi venti anni di professione con il sorriso di chi ha vista la fatica trasformarsi in soddisfazione e ancora non vuole andare avanti.
Per questo mio 2018 ho pensato che ci fosse bisogno di fare qualcosa di divertente (dal latino, che mi portasse altrove). Per questo ho deciso che il mio blog vuole ospitare giovani colleghe e colleghi.
Perchè ogni giorno ci si impegna a far andare bene le cose e, se ci pensiamo bene, non c’è mia fine al meglio! E io è il meglio che voglio per la mia professione.Per questo ho deciso di invitare qualche collega in questo piccolo luogo senza pretese che è il mio Blog.
Come psicoterapeuta, invece, il regalo che ho pensato è altro ed è dedicato a chi ha intorno ai venti anni. Ma poi vi racconterò meglio.
Intanto, tanti auguri a me. E a chi vive, seriamente, di psicologia.
Angela Verduci
Carissima Marzia,
devo a te la serenità, la fiducia e l’autostima che ho riscoperto in me stessa!
Grazie di cuore.
Angela
Marzia Cikada
Grazie a te Angela, per l’emozione che mi hai regalata in questo esatto momento.
Professionista_2022
quando EfficaceMente ha compiuto 5 anni, ci hai chiesto di farti sapere quale fosse l articolo che ci era piaciuto di pi . Quel giorno non ho saputo darti una risposta, perch , per me, tutti gli articoli erano allo stesso livello: ottimi e utili. Oggi la risposta ce l ho: questo l articolo che mi ha completamente catturata! Come rimpianto 21 avrei aggiunto: Non aver avuto un animale . Quattro anni fa non riuscivo a concepire come si potesse tenere un gatto o un cane in appartamento, oggi ho 4 gatti e un cane, tutti trovatelli, e per la mia famiglia sono una gioia immensa. Grazie Andrea per avermi risposto, concordo che ogni suggerimento possono sfiorare o catturare l attenzione del lettore, c e chi le fa proprie e chi ne resta indifferente, le tue motivazioni non sono affatto banalit anzi bello capire che un giovane come te sia pieno di voglia di fare, di pensieri positivi da trasmettere agli altri. Sei un giovane pieno di entusiasmo e il mio augurio e quello di non perderlo mai. Continua cos , continua a spronarci ..buona vita a te Patrizia