Mamma? Anche No. Oltre il dovere di essere madre.
Il parto deve essere il tuo più grande successo, non la tua più grande paura
Jane Weideman
Le mie amiche mi criticano perchè vorrei locali childfree e poi mi costringono a vedere milioni di foto uguali dei loro fantastici pargoli urlanti e a sorbirmi le loro meraviglie, come se farsela addosso fosse il trend dell’estate.
Carola, 36 anni
Era il 1996, stavo preparando l’esame di Neuropsichiatria Infantile e volevo un ben voto. Chiesi di poter sviluppare un tema supplementare e mi venne dato “L’istinto materno“, un titolo, niente di più. Dovevo capire io cosa scrivere e come affrontare il tema. Mi ci misi energica e motivata, d’altronde la maternità era un tema curioso per me che mi affacciavo a parlare di famiglie e relazioni.
Scoprii tutto un mondo intorno a me di donne pronte a scommettere che non ci fosse molto da dire sul tema. Era naturale che ogni donna avesse il suo istinto materno pronto a tirar su la testa non appena i tempi fossero maturi, anche chi oggi diceva no, per inesperienza o gioventù, avrebbe messo presto la testa a posto. E invece no. I miei studi, nel loro piccolissimo di tesina universitaria, andavano in direzione contraria al sentire comune, seppur comune tra le giovani psicologhe.
Cosa argomentai in quell’esame? Che l’istinto non era così istintivo come credevamo. Risultava, dagli studi che avevo effettuati, che si trattava di un costrutto culturale per nulla scontato,tra gli animali come tra le persone.
Certamente, c’è il bisogno di procreare, per far andare avanti il mondo, ma non mi risultava per certo che le femmine avessero poi biologicamente pronta non tanto la possibilità ma la voglia e il desiderio di accudire e curare, di sentirsi madri.
Quello che veniva dato per naturale spirito di sacrificio, desidero di abnegazione proprio di tutte le donne, sembrava essere, dalle mie piccole ricerche, in mito nato per lo più in uno specifico contesto socio-culturale che creava l’idea della donna-madre capace di sentirsi realizzata solo nell’accudimento della prole e nella loro educazione. Quindi la donna per forza madre è uno stereotipo, tanto più che una volta i bambino “non esistevano” , all’infanzia ci si pensava poco o ci pensavano le balie. Oggi, in realtà, alcune ricerche sembrano dire che nel nostro cervello di donne esiste un certo numero di informazioni già pronte su come fare le madri, sebbene questo non renda automatica l’equivalenza donna=madre.
Dovere vs desiderio
Essere donna oggi è liberarsi, prima di tutto, di una serie infinita di stereotipi. La scienza e l’evoluzione in questo ci aiutano. Tanto che da quando la contraccezione ha fatto in modo di rendere una scelta la gravidanza, le donne hanno maggiormente la responsabilità, e il piacere, della scelta. Eppure il “dover fare figli” per sentirsi ok, normale, adatta è ancora una sensazione forte. Non mancano i bambini nati perché si deve, perché sennò che fai, perché la famiglia se li aspetta (anche se vincono i bimbi nati per amore). E’ ancora scontato in molte famiglie che la donna prima o poi farà un bambino e se non ci riesce è una poverina, anche quando magari la non mamma è felice di esserlo. Le lotte hanno cercato di creare una nuova consapevolezza nelle donne, ma è ancora forte, tra le stesse donne, il tabù del non volere figli. La scelta contraccettiva non basta.
Certo, esiste anche un lato economico della faccenda figli.
Fare la mamma costa e non tutte riescono ad avere un buon tempismo tra quello che possono e quello che vogliono. Pochi aiuti, famiglie di origine lontane, fatica a conciliare lavoro e famiglia, per mancanza di buone politiche dedicate, finiscono per pesare sulla scelta di molte coppie o donne che vorrebbero ma non riescono. Ma sono in crescita le non mamme per scelte. Quelle che non desiderano e quindi decidono di non essere madri di bambini.
Ci sono donne che di fare bambini non sentono il bisogno. Fine.
Molte donne preferiscono dedicarsi alla loro passione, al loro lavoro, alla vita di coppia senza prole. E’ una scelta, non necessariamente una necessità. Fanno i conti tra i loro bisogni e quello che accadrebbe o pensano accadrebbe ad avere un bambino e scelgono di non averne. Sonno donne che vengono spesso viste come creature strane, innaturali che non possono pensare di sentirsi complete in quanto senza figli. Mentre loro lo sono.
Sorridono, sono felici, si sentono complete.
Vivono questa scelta con equilibrio e, spesso, amano i bambini ma quelli degli altri.
Davanti alle costrizioni e ai pregiudizi della cultura che le vorrebbe mamme a tutti i costi, si riescono a tutelare, cosa che molte non riescono a fare per paura del giudizio si incastrano in relazioni e maternità dolorose perché non desiderate. Perché ritrovarsi ad essere quello che non si è scelto in maniera consapevole ma si è accettato per quieto vivere o perché non si ha avuta la possibilità di farsi ascoltare fa male.
Essere madre per dovere fa male e molte depressioni nascondono una mancanza di pensiero materno, di desiderio.
I bambini nascono senza uno spazio mentale dove mettersi, vengono incastrati a forza al centro della vita di queste madri che sentono di doversi sottomettere al volere di compagni e famiglie senza provare emozioni positive per la maternità. Un ruolo non desiderato fa star male, soprattutto se chiunque incontri ti ricorda di quanto DEVI essere felice. Non vorranno il male di questi bambini, anzi, cercheranno con tutte loro stesse di poter essere madri buone, anzi perfette, caricando il ruolo proprio per provare a sentirlo loro, per rispondere alla vocina dentro loro stesse che ripete che non è quello che volevano. Madri tecnicamente ineccepibili che però mancano di emotività di genuino amore, che non riescono ad entrare in contatto con il bambino, che offrono al piccolo una esperienza di attaccamento non sicuro, con dei problemi poi anche per la crescita del figlio.
In un un momento storico un cui dilaga il culto del bambino si può serenamente non voler partorire senza sentire il penso dell’ onta sociale? La domanda è retorica. No. Non è possibile.
Bisogna dare spiegazioni di continuo se si decide di non avere figli. Molte finiscono con inventarsi di non potere per poi soffrire lo sguardo di pena che viene offerto. Eppure per alcune donne, sembra più facile mettersi in condizioni di sembrare imperfette, sfortunate che consapevolmente non madri. Anche se sarebbe necessario costruire una cultura capace di dare spazio a tutte le donne, quelle che hanno figli, quelle che li vorrebbero e non riescono, quelle che non li vogliono.
Alla domanda “Vuoi un figlio?”, ogni donna può rispondere con un sì, con un no, con un forse o con un dopo, senza che ciò alteri il valore della sua persona. Elena Rosci - La maternità può attendere (2013) Mondadori
Certo, la maternità come scelta è potente. E indubbiamente vige ancora una visione di donne malate laddove si sceglie di avere figli. Il dibattito negli anni si è fatto più caldo, grazie anche a delle pubblicazioni che hanno mostrato come ci siano donne che non vogliano essere madri.
Corinne Maier (2007) donna e psicoanalista francese, paese dove la maternità è sentita fortemente, aveva fatto parlare molto di sé quando aveva scritto per Bompiani il suo “No Kid – 40 ragioni per non avere figli” un testo ironico dove si spiegavano i motivi per cui non avere figli e che, in maniera molto sintetica, riporta “L’enfant, c’est l’enfer.” cioè il bambino è l’inferno stesso, per come assorbe tempo, energie, limita la vita sociale e la realizzazione personale se non come madre.
Resta un testo interessante quello di Jeanne Safer del 1996 “Beyond Motherhood: Choosing a Life without Children” che ha aperta una riflessione su come vengono viste le persone che non vogliono figli e su come sia la vergogna di sentirsi egoista, poco femminile l’emozione più difficili da affrontare per queste le donne. O ancora il libro indagine della sociologa Orna Donath “Pentirsi di essere madri” (2017, Bollati Boringhieri) dove a parlare sono le madri pentite, quelle che a tornare indietro un figlio non lo farebbero più, anche se amano quelli che hanno partorito e cresciuto. Un libro che ha provocato polemiche da noi come negli Stati Uniti per le dichiarazioni di maternità insofferenti che si sono sentite costrette a diventare genitori.
La possibilità di scegliere rende le donne potenti. Sono allora serene e bellissime, che abbiano il loro bambino tra le braccia o con le braccia piene di altro.
Lo sguardo delle donne può essere quello di una madre che sente il bisogno di dare la vita o quello di una persona che non vede solo fanciulli da crescere ma altre esperienze da fare. Una mamma capace di proteggere se stessa, di definire il suo tempo di donna, oltre che quello di madre, sarà una mamma più serena. Una donna capace di vivere la sua vita con la consapevolezza, scegliendo quello che vuole essere, lavorando, amando, definendosi senza costringersi in etichette che non le appartengono, sarà una donna capace di vivere e invecchiare con il sorriso sulle labbra. Partecipare alla sua gioia è un arricchimento per tutta la società, ricacciarla nelle categorie che rassicurano una cultura obsoleta e pericolosa, finisce con il ferire non solo la donna ma l’umanità tutta, portando vantaggio solo ad una piccola parte delle persone, quelle che nuotano tra gli stereotipi da medioevo e vuole per le donne le limitazioni più grandi.
Pollicino: Ogni donna che deve scegliere se essere madre o no
L’Orco: Il tabù che costringe e fa male
L’arma segreta: Scegliere consapevolmente quanto è bene per se stesse e la propria vita