Come ti divento bella (2018)
Guido Rojetti
Non sono tantissimi i film onesti. Ci mostrano adolescenti di almeno ventanni e cinquantenni di venti, quando qualcuno viene definito “brutto” basterà sciogliere i suoi capelli e magari togliere gli occhiali ed ecco che avremo una modella o un modello di bellezza. E poi c’è Amy Schumer. Una donna prima che una attrice, irriverente e capace nel far notare le brutture della bellezza e i limiti in cui ci costringiamo ogni giorno, soprattutto noi donne.
Se la sua serie tv Inside Amy Schumer non vi è bastata, eccola nel suo ultimo film.
Perchè già nella sua serie (2013-2016), Amy racconta un modo di essere donna schietto e oltre certi tabù, giocando con la sessualità, i ruoli di genere, il piacere e gli stereotipi, senza dimenticare un certo numero di parolacce.
Il suo ultimo film “Come ti divento bella“ (trad.I Feel Pretty) ci porta invece a partecipare ad una storia di bellezza più completa e duratura di quella venerata da ogni mezzo di comunicazione. La storia è scritta e diretta da Abby Kohn e Marc Silverstein che avevano già realizzato La verità è che non gli piaci abbastanza e Single ma non troppo, a cui il film strizza l’occhio.
TRAMA. Renée (Amy Schumer) è una ragazzona un po’ goffa e insicura, con qualche chilo di troppo e dei modi grossolani. Lavora in un sottoscala per una casa di moda e vorrebbe arrivare ai piani alti, perchè lei la moda la ama sul serio. Il suo sogno? Fare la receptionist per l’amministratrice perfetta della sua azienda Avery Laclaire (Michelle Williams) donna bellissima e di grande eleganza. Ma tutto ai piani alti è perfetto e il linea e la nostra protagonista pensa di non valere abbastanza. Poi un giorno ha un incidente, proprio mentre cerca di dimagrire, e diventa bellissima. Proprio come si è sempre sognata! Solo che è solamente lei a percepirsi diversa nello specchio. Per gli altri è sempre la stessa ragazzona e la sua nuova sicurezza rende le scene di cui si rende protagonista esilaranti. Grazie a questa nuova sicurezza potrà cambiare tutta la sua vita, fino a capire i veri accadimenti.
Il film mette insieme tanti aspetti già visti ma la carica di Amy riempie di senso e permette di ridere sapendo che in qualche modo stiamo ridendo anche di noi, dei nostri occhi dallo sguardo limitato che non riescono spesso a vedere oltre quello che appare.
Un film pieno di riferimenti alla bellezza e alla idea di bellezza molto pop e social dei nostri giorni (con battute sulle Kardashian per esempio), ma anche un film pieno di icone della bellezza, da Naomi Campbell a Lauren Hutton. Mentre vediamo Renée incastrata in situazioni imbarazzanti, mentre sorridiamo della sua sicurezza anche mentre non ne sembrerebbe avere motivo, impariamo che, in fondo, dovremmo proprio poter essere semplicemente liberi. Liberi di essere felici di quello che siamo. Migliorandoci certo, se lo vogliamo, non per essere adatti all’idea che ci impongono media e pubblicità, ma per sentirci meglio con noi. Inoltre il film di parla di non fermarci al primo sguardo, neanche sulla bellezza.
La bellezza, quella che diventa ossessione, che risponde a dei canoni prestabiliti, quella che gli altri hanno decisa, costa fatica. In ogni caso, sia a coltivarla sia nel cercare, spesso senza riuscirci, di raggiungerla.
Sarebbe forse meglio cercare di essere consapevoli che la bellezza o i pregiudizi sulla bellezza li abbiamo tutti, anche quando pensiamo che se una persona è bella allora avrà la vita facile o sarà di certo una persona superficiale. E in questo ci aiuta anche il personaggio di Mallory (Emily Ratajkowski) bellissima ma più complessa di quello che potremmo credere.
Renée si nota subito nel suo contesto, perchè sembra non avere nulla a che vedere con le voci sussurrate, i fisici atletici e magrissimi, la sua insicurezza blocca i suoi desideri, limita la sua potenza perchè pensa di non potercela fare. Ma quando si immagina bella, sente di potere tutto e tutto, a modo suo, riesce a fare.
E’ quindi importante curare l’autostima, ma non per sentirsi migliori degli altri ma per comprendere gli altri e sentirsi bene con se stessi. Non per niente il titolo originale fa rigferimento al verbo To Feel (sentire, percepire) che ha molto a che fare con i sensi. E Renée si sente bella, questo cambia il suo modo di credere in se stessa e di avere a che fare con il suo corpo.
La capacità di vedersi permette che chi ci guarda con occhi diversi sono gli altri
Renée è come se avesse lavorato sulla sua immagine con tecniche di visualizzazione e avesse imparato a migliorare il suo modo di sentirsi e di agire. Come se avesse imparato a sentirsi come voleva e questo si fosse trasformato in comportamenti e sensazioni reali. Sul lavoro, nelle relazioni, in amore, con se stessa. Una volta scoperte sensazioni e stati d’animo positivi, trovandole poi nel suo corpo, fosse riuscita a metterle in pratica, naturalmente, perchè quelle risorse erano comunque dentro di lei.
Questo film è un modo in più per far pace con tutte quelle volte che ci siamo sentit* in imbarazzo per un gesto non adatto, un pantalone non giusto, un rotolino non desiderato. Siamo tutte e tutti osessionati dalla bellezza e il successo di libri come Beaty Mania (Renee Engelin, 2018, Harper Collins) ce lo raccontano molto bene. Un libro che sembra introdurre benissimo il pensiero di Amy Schumer. Un testo che racconta le storie di moltissime donne e di come l’immagine del loro corpo le abbia ferite. L’ossessione per l’apparenza pesa sulla salute fisica e psichica, ma anche sulla qualità della vita di moltissime ragazze (e sul portafoglio) che si trovano costrette in comportamenti e pensieri distruttivi.
Meglio imparare ad amare chi siamo, a non mentire sul nostro conto per sembrare “meglio”, mostrando al mondo quello che siamo e quindi trasformarci in positivo. Sentendoci bellissime tutte!
Pollicino: Tutte davanti allo specchio
L’Orco: L’ossessione per la bellezza