Perché non me l’hai detto? La fatica di raccontarsi e fare coming out in famiglia per persone lgbt+ (e non solo)
Per alcuni custodire un segreto è come trattenere il respiro.
Roberto Gervaso
Non c’è più grande agonia che recare una storia non raccontata dentro di te.
Maya Angelou
A volte la verità è nell’aria ma nessuna la racconta. Resta sospesa, pesante, come un alito umido, presente ma a cui si fa finta di non far caso. Ragazze e ragazzi che si girano dall’altra parte, madri e padri che cercano di non prendere certi discorsi, fratelli e sorelle che lanciano occhiate ammiccanti ma non si sono mai fermat* a chiedere. Perché si sapeva.
Oppure non si sa nulla. Tutto è ben nascosto da una coltre di silenzio. La propria identità messa a tacere dietro una apparente “normalità”, parola strana, che significa per lo più aderire alle aspettative più statisticamente ritenute “quello che deve essere”. Il silenzio è violento in questi casi. Perché è un muro invalicabile, costruito tabù dopo tabù, rinforzato da non detti e ignoranza, puntellato di paura di quanto solo non si conosce.
Ci sono famiglie che ci entri e senti il sole scaldare di più, altre che rarefanno il respiro, che rallentano il passo, che una volta dentro, magari seduti alla stessa tavola, percepisci addosso tutta la loro apparenza. Il loro bisogno doloroso di restare immobili.
Famiglie che difendono con le unghie quello che credono sia l’unica normalità. Che preferiscono ospitare fitte reti di segreti che mettere in discussione quello su cui sono state costruite. Per esempio il pregiudizio di nascere tutti eterosessuali ma anche quello di volere un certo tipo di vita, di status sociale, di lavoro, di famiglia a propria volta. La rigidità del giudizio rende fragile ogni tentativo di far intuire altre sfumature e prospettive.
Se avvicini l’orecchio, puoi sentire il rumore dei segreti, il desiderio di essere ascoltat* e vist* per quello che si è, un mare emotivo in tempesta che vorrebbe essere arginato dalle persone che si amano. Dalla propria famiglia. Ma che spesso si difende nascondendosi. Quale altra strada abbiamo, talvolta, per proteggerci se non quella di restare congelati, sperando che passi tutto presto.
In queste famiglie, fare coming out è difficile. Anzi. Spesso lo si ritiene impossibile.
Certamente è bene in ogni caso rispettare i propri tempi personali, sentirsi liber* di raccontarsi quando ci si sente pront*. Eppure in certe famiglie, il momento giusto, sembra non arrivare mai. Magari si riesce a trovare un sostegno, in un fratello, una zia, una cugina, ma si continua a fare finta che non ci sia nulla da raccontare. Con tutto il malessere emotivo – e anche fisico – che questo comporta.
Vedersi vist* per quello che si è, sapersi riconosciut* è una fonte di benessere per la persona. Sentire di andare bene – perché siamo noi e basta- dovrebbe essere il dono offerto da ogni famiglia.
“Sono omosessuale” è una frase semplice ma dentro c’è una storia che si è costruito attimo dopo attimo, consapevolezza dopo consapevolezza, lacrime e sorrisi insieme. Se è vero che, statisticamente, poter parlare in libertà del proprio orientamento sessuale a casa, aiuta a sentire una maggiore leggerezza, favorendo un miglior stato d’animo, è pur vero che in certe situazioni, questo viene rimandato, anno dopo anno, occasione dopo occasione. Talvolta si cambia città, stato, continente per non dover affrontare quello che si teme sarebbe una tragedia. Perché per certe famiglie, lo svelamento di se stessi, di chi si ama, di chi ci si sente è vissuto con vergogna, rabbia. E allora meglio andare via per salvarsi. Ma paghiamo sempre il non sentire l’accettazione e l’accoglienza di chi è stato famiglia.
Più abbiamo segreti, più siamo ammalati.
John Berryman
Ci sono famiglie che aspettano solo un piccolo aiuto.
Madri e padri che immaginano, leggono i comportamenti, sentono il ronzio dei pensieri eppure non riescono a creare quell’atmosfera che rende possibile raccontarsi. Un velo di paura impedisce di iniziare a costruire il contesto giusto per iniziare a svelarsi. Spessi di tratta di imbarazzo. La sessualità, anche se non si tratta solo di questo, è ancora difficile da affrontare per molte persone. Quindi si aspetta che sia il figlio o la figlia a parlare. Accettando con sollievo la lentezza con cui la questione viene posta. Facendo finta che…mentre dall’altra parte ci sono mille dubbi e paure in atto.
Davanti all’omosessualità molte madri e padri dicono di averlo immaginato, dopo anni di silenzio però quel “perché non me lo hai detto” diventa una sconfitta della relazione. Un vuoto da riempire.
Perché sarebbe bene poter parlare sin da subito di una sessualità variegata, sfumata. Etero – omo – bi – trans-, le possibilità dell’essere sarebbe bello fossero da sempre nel vocabolario di ogni famiglia. Perché sia possibile riconoscersi prima, mentre talvolta si arriva alla età adulta, ancora oggi, per potersi dichiarare anche solo a se stess*.
Essere omosessuale è naturale. Non è una scelta e ancor meno una moda.
E’ qualcosa di profondamente incastonato nel proprio essere, non si può cambiare come fosse un taglio di capelli, non si può “curare” perché non è affatto una malattia. Ma in una società ancora non adatta all’essere umano, piuttosto prigioniera di stereotipi e pregiudizi, il sostegno della famiglia diventa il primo elemento di forza, la prima risorsa per sentirsi bene.
I genitori hanno il potere di cambiare le cose, il loro sostegno emotivo rende possibile ogni cosa. Se uniti sono in grado di far accadere il possibile, oggi tacciato di impossibile o, peggio, innaturale. Una società dove ogni persona abbia il diritto di essere com’è, amare chi vuole, crescere secondo la propria natura.
Certo l’omofobia spaventa, episodi quotidiani, governi che sono contro l’umanità, c’è molto per non star troppo tranquill*. Ma nulla è un buon motivo per nascondere la propria naturale voglia di essere amat* .
Affrontare le proprie paure e la propria storia aiuta molte madri e padri a far spazio alla storia dei loro figli e figlie, a fare spazio ad un romanzo familiare nuovo, dove ognuno ha il suo posto.
Se sei un/a genitore/trice hai un grande potere. Usalo.
La paura spesso porta alcuni a tacciare di provocazione un coming out in famiglia a chiedere il discorso pensando che sia solo una fase o un modo per mettersi contro di genitori. Ma non è così. Arrivare a parlarne vuol dire aver fatto già un proprio percorso interiore, spesso lungo, magari chiedendo aiuto a qualcuno. E’ bene ascoltare viene raccontato e darsi il tempo di capire cosa smuove internamente.
Il rapporto può rinascere, migliore. Trovandosi fianco a fianco. Scoprendo molto di nuovo in se stessi – e nella propria coppia – ancor più che nel proprio figlio – o figlia.
Davanti alla nuova – ora palese – situazione, chiediti di cosa hai paura. Forse non ha a che vedere con quello che sta vivendo tuo figlio/tua figlia, forse è una paura tua e puoi superarla. Non ci sono colpe nell’avere in famiglia una persona omosessuale, bisessuale, trans. Può essere faticoso rinunciare ad alcuni sogni che si avevano per i propri figli, ma a ben guardare non erano i loro sogni ma i tuoi.
Non abbiamo diritto di decidere mai cosa deve accadere nella vita degli altri, anche se sono altri che amiamo. Forse non avrai mai quel matrimonio dove sperare di essere indirett* protagonista ma potrebbe comunque esserci una relazione felice e una unione importante nella sua vita e potrebbe scegliere di avere un figlio, un giorno. Come anche no, ma andrebbe bene lo stesso.
Allo smarrimento fai seguire la scoperta. Puoi chiedere aiuto – ad associazioni e professionisti – ma hai tutto quello che ti serve per farlo funzionare. Forse se non è stato possibile parlarne prima vuole dire che non si era pronti, ma oggi può essere l’occasione giusta per costruire una nuova famiglia felice.
Una nuova ricchezza. Quella di conoscere chi hai al tuo fianco. Di far parte della tua vita e di poter cambiare il mondo, partendo da quella relazione speciale che puoi ancora costruire con tu* figli*
Pollicino: Raccontare la propria sessualità a casa
L’Orco: La paura e la vergogna che creano segreti dolorosi
L’arma segreta: Scoprire che sapere fa diventare più forti e può cambiare le cose