La Cattiva Novella è davvero Cattiva

William Makepeace Thackeray
L’allegria non fa vendere i giornali. E’ un dato. Le brutte notizie, invece, aumentano la tiratura della carta stampata, riempiono i palinsesti televisivi, alzano i picchi di ascolto. Quindi le buone notizie vivono timidamente, nel silenzio di tutti, mentre le cattive hanno sempre un posto in prima pagina.
E sembrano tantissime. Probabilmente lo sono.
Ma certo non fa notizia dire che “oggi, nel comune di XXX, stanno tutti bene e si è organizzato un evento per la cittadinanza che ha reso tutti più felici.” Non per niente, tentativi di Tg delle Buone notizie, sono brevi e hanno vita molto corta. Scriveva Marc Levy, scrittore francese, nel suo libro ” Sette giorni per l’Eternità”, dove Male e Bene si scontrano, che se tutti regalassero un sorriso al giorno, ci sarebbe un incredibile contagio di buon umore sulla terra. Ma non è così facile. Perchè pare che il male,o comunque il mal umore, sia più facilmente contagioso.
Ne parla in un articolo dei primi di marzo, Rosalba Miceli sulla Stampa. L’idea è che la comunicazione sociale, i media e tutta la rete di informazioni che ci sta intorno, ci investe ogni giorno di moltissime brutte notizie, tante e variegate, che non fanno che riversare moltissime persone in un insieme di emozioni negative, nella cornice dell’incertezza del futuro. Un contagio negativo di cattivo umore che parte dalla cronaca, per trovare man forte nella pagina dell’economia, in quella degli esteri, nei programmi TV sugli omicidi etc. D’altro canto le buone notizie, scarse e poco clamorose, non hanno spazio a sufficienza per intaccare il potere delle altre. Questo porta molto spesso a sviluppare un senso di indifferenza verso la notizia stessa, che a breve diventa lontana da se e poco influente. Si legge nell’articolo,
«..esposizione mediatica che raggiunge il cervello e lo induce ad avere principalmente due reazioni: una di indifferenza con la perdita di empatia e compassione, un metodo difensivo per mantenere l’equilibrio e passa attraverso ad un meccanismo di distacco, e un altro che “assorbe” le negatività sviluppando ansia, insicurezza sino a depressione e attacchi di panico» spiega Giorgio Maria Bressa, psichiatra a Roma e docente di Psicobiologia del Comportamento presso l’Università Pontificio Ateneo Salesiano di Viterbo.
Quindi dalla cosidetta “overdose mediatica” nasce il desiderio, se non il bisogno, di tornare ad un quotidiano lontano dalla bruttura raccontata dalla notizia ( e dai mille approfondimenti seguenti) o ci si trova avvolti un una sorte di “umore collettivo”, o sarebbe il caso di dire un cattivo umore collettivo, caratterizzato da paura, dubbio, incertezza nel futuro, insomma, le basi di una buona depressione che spesso si manifestano con attacchi di panico, dovuti ad una alterazione
“dei meccanismi di allarme del cervello che scattano anche in assenza di uno stimolo reale e che scatena una reazione di difesa o di fuga con il lungo corollario di sintomi determinati dall’attivazione del Sistema Nervoso Autonomo, che controlla i meccanismi della respirazione, della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e della sudorazione. Se a volte il disturbo (DAP) compare a seguito di un evento stressante, spesso è assolutamente estemporaneo e interessa soggetti con una buona salute psicologica».