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Gli invisibili, alla ricerca di uno sguardo perduto. - Pollicino era un grande
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Gli invisibili, alla ricerca di uno sguardo perduto.

Basta solo mischiare un po’ di sostanze chimiche e carne e sangue e ossa svaniscono. Vi iniettate un po’ di questa roba nel braccio tutti i giorni per un mese. Un uomo invisibile può dominare il mondo: nessuno lo vede quando arriva e quando se ne va. Può ascoltare qualsiasi segreto, può rubare e distruggere. 
H.G.Wells “L’uomo invisibile”
 

Abbiamo tutti una qualche ferita. Alcune sono graffi superficiali, danno fastidio con moderazione ma non influenzano troppo le giornate. Altre sono più profonde, storte, cicatrizzano con difficoltà e con difficoltà si cerca come renderle parte integrante del resto del corpo, si cerca come farne armonia con il resto della propria pelle. Alcune però sembrano indelebili, sono solchi dolorosi, pronti a sanguinare di nuovo anche dopo molto, troppo tempo. Sono le ferite che crescono con noi, quelle che si nascondono, che diventano altro e impediscono alla vita di essere la danza armonica che dovrebbe, rendendola incerta, fragile, appena definibile. Molte di queste sono le ferite degli Invisibili. Persone cresciute pensando di non esserci e che desiderano, e temono insieme, il potere di uno sguardo.

Sono molte le storie e le famiglie in cui si cresce pensandosi invisibili, non visti nei propri bisogni e necessità. Capita per molti motivi, per mancanza di cure dei genitori, perché si era presi da un dolore mentre il piccolo invisibile cresceva, per cultura familiare, per un segreto che non si vuole raccontare, per incapacità. Sono moltissimi i motivi per cui molti adulti crescono pensando di non essere visti, carichi di paura e incertezza ma anche desideri che cercano come poter trovare la strada giusta per essere finalmente ascoltati. La ferita che procura il sentirsi invisibile e non degno di amore, cure, attenzioni è dolorosa e difficile da dimenticare. Di  ferite come questa, il più delle volte, ci si vergogna. Sono indicibili. Perché il dolore non può essere detto quando arriva a colpire l’essenza vitale di una vita. E’ una bestemmia che non si vuole dire, che si vuole nascondere, insieme con la parte ferita. Allora si prova a spingerla in fondo, in fondo, come quando da bambini si rompeva un piatto a cui la mamma era molto legata e i suoi cocci si nascondevano in fondo alla pattumiera, nell’illusorio tentativo di far sparire con loro la marachella.

Ci si nasconde a se stessi credendo di non sarà poi così grave. Ma lo è. Le ferite non curate diventano parte di come ci si presenta al mondo, diventando poi ferite di coppia, ferite di genitore, ferita di anziano. Condizionano e danno un significato ai gesti degli altri, interpretati secondo quello che noi ci vediamo, il riflesso delle nostre debolezze.Nello scegliere il partner, nel crescere i propri figli, nelle aspettative che si nutrono negli anni, la storia del bambino invisibile che siamo stati sarà sempre presente, per quando lo si sia nascosto e le nostre reazioni alle delusioni per altri facili da superare, saranno altre ferite che confermano il primo di tutti i dolori, quello di non esserci. Di non essere che una creatura invisibile.

Come nella semplice storia pensata dallo scrittore-pedagogista Gianni Rodari, “Le Avventure di Tonino l’invisibile” dove un bambino di nome Tonino, appunto,  prima desidera essere invisibile per non essere interrogato a scuola ma poi soffre di non poter comunicare con i propri cari, di sentirsi solo, di essere ignorato, così, chi si sente Invisibile, seppure si nasconde dal dolore nello stesso sentirsi non visto, soffre profondamente la sua solitudine e ferita. Accade spesso, in terapia, che l’urlo che non riesce a uscire dalla bocca è quello di voler, semplicemente, essere visti e accettati per quello che si è. Ma spesso, aver vissuto da invisibili, rende le persone umili e facili all’assecondare gli altri nel tentativo di essere presi per quello che si è, salvo poi rendersi conto che si sta diventando altro senza riuscire a fermarsi. Ecco allora che si segue cercando di essere “come mi vuoi” allontanandosi sempre più da se stessi e dalla propria natura. Confermando, peraltro, che non si è amabili così come si è.

Quando nella storia personale di qualcuno si insinua l’emozione dell’invisibilità, quando si cresce pensandosi non accettati, non visti, non amati, questa emozione diventerà la lente che, pur non volendo, deformerà le relazioni future. Si chiederà agli altri di far sparire la ferita vissuta, e spesso insita nella relazione con i genitori o con adulti di riferimento degli anni dell’infanzia, e se questo non succederà, come si vuole,  la reazione sarà di rabbia o di avvilimento, andando però poi nella stessa direzione, quella che riempirà di sfiducia la visione del legame con l’altro, un sentimento di accorata infelicità che si esprimerà in modi diversi a seconda delle persone. La mancanza di una buona stima di sé provocherà vissuti personali dolorosi e, seppure il desiderio è quello di esserci, finalmente, si finirà troppo spesso con il continuare la propria vita nell’invisibilità, nascondendosi.

Vulnerabili, gli Invisibili faticano a fidarsi degli altri perché è di loro stessi che non hanno fiducia per primi. Ma tutte le storie meritano di essere raccontate e ascoltate e trovare la loro perduta, nascosta, visibilità. Quando il dolore dell’invisibile si racconta, lentamente il narratore riprende possesso della sua storia e trova i suoi significati per quel dolore che ha condizionato tanto il modo di vedere le relazioni e di dare senso alla vita. Allora diventa possibile accettare se stessi e gli altri insieme, dare un nuovo senso alle ferite e iniziare, consapevoli della fatica fatta, una storia condivisa con l’altro dove ci si senta protagonisti e capaci di vedere ed essere visti. Un percorso faticoso e spesso lungo che sia in grado di superare il dolore e la rabbia che riposa nelle storie passate e nelle ferite presenti e che permetta di riempire i vuoti per trovare altri significati, perdonare le mancanze quando possibile, andare avanti in modo nuovo e migliore.

Parafrasando il poeta colombiano Nicolàs Gòmez Dàvila, sarà importante, nel lavoro di terapeuta come con le persone che si frequentano, imparare a vedere la perfezione invisibile agli occhi degli altri, quell’unicità che rende tutti amabili e degni di essere visti.


Pollicino:  Gli Invisibili
L’Orco : La paura di non meritare di essere visti
L’arma segreta :  Raccontarsi la storia delle proprie ferite e superarla con una nuova e migliore
Marzia Cikada

She - Her Psicologa, psicoterapeuta, sex counseling, terapia EMDR per il trauma. Incontra persone che vogliono stare meglio, a partire dall'adolescenza. Nel suo spazio ogni persona può sentirsi a casa. Ha creato il progetto Vitamina di Coppia, con la collega Sara De Maria. Riceve online e nei suoi studi di Torino e Torre Pellice.

3 Commenti
  • adry

    Molto bello quest’articolo.Conosco molto bene la ferita di sentirsi invisibili.sanguina ormai da tanto, troppo tempo.ci si sente estranei, si cerca disperatamente un proprio posto nel mondo che sembra non esistere. allo stesso tempo la vergogna di affermare se stessi inibisce ogni tentativo di muoversi e allora si decide di stare fermi, immobili.ma la vita è flusso, cambiamento.e si va avanti (si fa per dire) con la speranza che arriverà un giorno in cui prenderemo finalmente il volo..

    2 Settembre 2017 at 16:56 Rispondi
  • Beatrice

    Anch’io sono invisibile. Faccio fatica ad ascoltarmi perché significa ascoltare un dolore, sofferenza e paura . Seguo una psicoterapia da sei mesi e secondo me, anche se di solito tendo a vedere tutto nero, secondo me mi ha aiutata. Ovvio, è dura ma con la terapeuta ci si sente già meno soli, ci ascolta. Nascondersi non è la soluzione.

    13 Marzo 2018 at 19:58 Rispondi
    • Marzia Cikada

      E’ dura Beatrice, hai ragione, come hai ragione nel dire che non serve nascondersi. Auguro a te e alla tua terapeuta un buon lavoro, dopo tanto dolore ti auguro una serena visibilità. Grazie per le tue parole.

      18 Marzo 2018 at 16:53 Rispondi

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