Baby (2018) serie tv
Viviamo in un acquario. Ma sogniamo il mare. Per questo dobbiamo avere una vita segreta
Chiara (Benedetta Porcaroli)
Essere adolescenti è una gran fatica. Si ha bisogno di spazio, ascolto, possibilità di fare esperienza, tempo per capirsi, occasioni per sbagliare, relazioni in cui trovarsi o scoprirsi. E di nuovo ascolto.
Nella serie tv realizzata per Netflix Baby ci sono alcuni di questi aspetti immersi in un contesto più realistico di quanto non abbiano proposto altri teen drama contemporanei. Le ragazze e i ragazzi sono divisi tra il mondo della fanciullezza, il bisogno di sicurezza e la voglia di scoprire chi sono e di cosa sono capaci.
Gli sceneggiatori di Baby, il collettivo GRAMS* è parecchio giovane e,forse perchè da poco fuori dall’adolescenza, ci propongono storie verosimili, in cui si riesce a provare quello che provano soprattutto le protagoniste della serie, le amiche Chiara (Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani)
TRAMA. Baby si è ispirata alla cronaca di qualche anno fa. Era il 2013 quando a Roma, nel benestante quartiere dei Parioli si era scoperto un giro di baby squillo, ragazzine minorenne che avevano relazioni con adulti, in visto o meno, dalla politica all’imprenditoria. Ci sono state denunce e arresti, con la complicità di alcune famiglie.
Baby parte dalla storia di una amicizia tra ragazzine diverse Chiara e Ludovica ma legate dalla loro età e dalla loro delusione, per gli adulti che sono in grado di avere a che fare con loro, per l’amore che le ha ferite, per un mondo che non sembra capace di offrire niente di buono. E allora si prendono il meglio. La trasgressione, avere relazioni con uomini più grandi che le lusingano, le coccolano con regali costosi, è la loro maniera per sentirsi potenti. Nella ricerca di un modo per sopravvivere ognuno cerca la sua risposta. Loro si affidano ad una sessualità che diventa un’arma per prendersi la forza che gli serve per restare a galla.
Il loro segreto non è essere squillo, il loro segreto è essere arrabbiate. La sessualità diventa esibita, giocata come una arma per non arrendersi alla tristezza e al rifiuto che vivono su di loro.
I ragazzi feriscono e giocano con le loro emozioni, come quello che ha fatto un video a Ludovica dove si vede che lo sta masturbando per poi umiliarla pubblicamente, gli adulti sono tutti presi dai loro fallimenti e non riescono a stare con le figlie. Usano i regali, proprio come i loro clienti, per farle stare buone ma non ascoltano, sono troppo presi da loro stessi.
La sessualità diventa un modo per comunicare
Ma non è tanto la trasgressione che cercano, quanto una scialuppa di salvataggio che le mantenga a galla in un mondo che, visto con i loro occhi, fa schifo. La loro ribellione è dovuta, manifesta con l’energia della loro adolescenza la rabbia che provano.
Ma seppure non c’è sesso esplicito in Baby, la serie è stata segnalata dal National Center on Sexual Exploitation degli Stati Uniti che ha accusato Netflix di promuovere la prostituzione minorile.
La vera denuncia resta però il vuoto dentro cui crescono queste ragazze e questi ragazzi. Un vuoto dove sono trattati da adulti in maniera prematura, proprio perchè i veri immaturi sembrano essere i grandi.
Dove sono gli adulti?
E’ davvero complesso per un genitore afferrare il momento in cui una figlia o un figlio diventano grandi. Si arriva sempre qualche tempo dopo di loro, sembra impossibile cogliere il momento in cui le loro sono emozioni da grandi, ancora puerili in alcune manifestazioni ma con la forza delle emozioni adulte. Molti genitori vanno accolti e sostenuti in questo, aiutandoli a vedere come sta cambiando suo/a figlio/a.
Ma in Baby sembrerebbe che i genitori non riescano a vedere i figli perchè presi da loro stessi. Sono uomini e donne non risolti, con rapporti matrimoniali falliti, pieni di rancore per quello che non ha funzionato nella loro vita, presi dal lavoro o dai loro problemi.
Dice bene il preside – personaggio per altro sgradevole – la scuola non può essere lasciata sola a crescere i suoi studenti. Le famiglie devono poter fare il loro ma per poterlo fare devono mettersi in condizioni di voler comprendere. Invece, bullismo, dolore, lutto, sofferenza passano senza lasciare traccia sotto il naso di questi genitori che, anzi, usano i figli per scusa per non crescere. Come i genitori di Chiara che non pensano di separarsi per lei, dicono. Ai ragazzi il compito di andare oltre le figure dei loro genitori per superarli ed entrare nell’età adulta. Peccato che rapporti genitoriali non risolti portino a uno svincolo ancora più difficile.
Ci si salva dalla propria adolescenza?
Tutti abbiamo una cicatrice, o almeno buona parte di chi legge, che risale alla nostra adolescenza. E spesso è intorno a quelle cicatrici che abbiamo costruito la nostra identità. Lasciati soli, i ragazzi trovano come capirsi. Davanti al trauma della crescita, davanti alla scoperta del proprio orientamento sessuale, dell’amore che fa male, saranno l’amicizia dei pari, l’amore che si cerca di trovare e la voglia di fare meglio a dare una possibilità ad alcuni di loro.
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