La bellezza dell'imperfezione
Henrik Ibsen
Non sono mai stata una amante della moda. Eppure, questo mondo particolare, accattivante, fabbrica di miti ed eccessi affascina da più punti di vista, che si parli del prodotto moda o che si parli dei significati che questo ha nella nostra società. Il “bello” ha una sua cultura, entra in relazione con discipline diverse, stimola confronti universali su temi importanti. “Bello e buono” era l’essenza della perfezione umana nell’ Antica Grecia, perfetta fusione di etica ed estetica. Esiste una Psicologia della Bellezza che definisce come la bellezza si crei, su quali caratteristiche si basi, come sia legata anche ad aspetti come la postura, il movimento e come questa influenzi la riuscita sul lavoro, il reddito, il benessere. Un testo è stato pubblicato dalla Giunti sul tema ” Psicologia della Bellezza” autore il ricercatore bolognese Marco Costa. Che affronta, della bellezza, anche le patologie ( come disturbi dell’immagine corporea e narcisismo, per esempio).
Certamente, nessuno nega che nascere con la bellezza ( quella socialmente riconosciuta come tale) facilita l’introduzione in società ( nessuna mamma sarebbe felice se le si dicesse ” che brutto bambino signora!!” anzi, pare proprio sia impossibile dire ad un neonato niente di meno di frasi positive sulla sua bellezza per rassicurare la madre che il suo piccolo sarà ben accetto). Eppure la bellezza spesso diventa ossessione, problema che finisce con il dare il tempo alla vita di molte persone, certamente donne, ma non solo.
Capita, che la bellezza abbia il suo peso anche nel mondo delle relazioni, la cultura di quanto è ritenuto bello, defininendo il potere femminile della seduzione a seconda dei dettami della moda, definisce come le donne debbano essere o, quanto meno, come devono avere in mente dovrebbero essere anche, o soprattutto qualora, decidessero di essere altro. Prendersi cura di se e del proprio aspetto è auspicabile sempre, da ragazze come in età matura, eppure c’è modo e modo di farlo. Valorizzarsi non necessariamente deve essere sinonimo di omologare il proprio aspetto con quello degli altri, trovare il proprio modo di essere belli dovrà passare allora attraverso la lente d’ingrandimento della proopria personale maniera di intendere la bellezza e di sentirsi bene. Non tutte le donne, hanno necessità di avere labbra perfette per sentirsi femminili, eppure molte sono disposte a sottoporsi ad interventi chirurgici per poterne sfoggiare di belle “proprio come quelle di…” La rassicurazione allora passa attraverso il valore riconosciuto nel modello, non in se stesse. Benchè non c’è nulla di pericoloso a tendere al meglio, ricorrendo anche alla chirurgia estetica se questa può risolvere un complesso legato ad un naso importante, qualora non si abbia la forza necessaria per rendere l’imperfezione stessa il proprio punto di forza, passando dall’essere belli all’essere affascinanti ( Barbra Streisand docet).
Sul tema modelle, oggi, sulla Repubblica, è possibile leggere un articolo che parla del mondo delle modelle, attraverso i loro racconti in prima persona. Si intitola, infatti, “About face” il docu-film del fotografo Timothy Greenfield-Sanders sul mondo della moda con le sue manifestazioni e le sue ossessioni.
Si parla di come si cresce in fretta in passerella, della facilità con cui si può incontrare la molestia, delle droghe, dei problemi alimentari ( anche se non troppo) a cui spesso le modelle sono soggette.
I temi sono quelli che ogni donna ( ma anche uomo) prima o poi affronta. La bellezza, l’invecchiamento, il piacere di piacere, il successo e quello che rappresenta. Il tutto in salsa fashion con le confessioni di modelle che hanno passato la loro vita sul campo.
Una carriera, quella delle modelle, che inizia certamente in una fase delicata dello sviluppo delle ragazze ( 15/16 anni) e che, se non ben digerita, può dare adito a problemi nelle ragazze, spingendo a sperare che si cia attenzione non solo alla dieta ma anche al sostegno psicologico di queste ragazze quando necessario.
Ma raramente questo avviene. E sono molte le storie raccontate di eccessi, droghe, in un contesto dove la bellezza riconosciuta è tutto, senza pensare a quello che una delle stesse modelle dice, cioè che “la vera bellezza è legata all’autostima: e l’autostima le modelle non sanno cosa sia” (Paulina Porizkova).
Viene da pensare a come queste ragazze vengano accompagnate nel loro percorso verso il successo. Di come la malattia, come per esempio l’anoressia, disturbo del comportamento alimentare che porta al rifiuto del cibo fino alla debilitazione e in alcuni casi alla morte, diventi non segno di disagio ma strumento verso l’obiettivo estetico.
Ancora, è presente la paura di invecchiare, del tempo. Unico vero nemico della bellezza superata una certa età, diceva mia nonna, “prima dei 25 è facile essere belle, è la bellezza dell’asino, è dopo che diventa complicato”. Ci sono testimonianze di come i 40 segnano il punto di non ritorno, anche per donne come Isabella Rossellini. La paura delle rughe, donne eternamente ragazze che non riescono a cogliere il bello del tempo che passa, anche sul viso, raccontando la propria storia, costruendo la bellezza di una vita vissuta bene, con rispetto per il corpo e attenzione per la propria psiche.
Certamente un docu-film interessante per capire i limiti di una cultura del bello che in certi campi si spinge oltre, divenendo puro marketing e dimenticando quella dimensione etica che rendeva l’essere umano perfetto.
Dopo tanta bellezza, viene voglia di altro. Di quella amabilità che nasce come risultato delle proprie debolezze, delle proprie imperfezioni. Sacrificarle dietro un velo di accettata bellezza, nega se stesse, allontana le donne a riconoscersi e accettarsi, anche godersi per quello che si è. Lo stesso piacere sessuale viene spesso negato, stretto nelle maglie di una apparente bellezza che imprigina il corpo e le proprie emozioni. La perfezione è negazione di una parte di sè, quella parte di sè che poco ama farsi imbrigliare, quella creativa, quella essenziale, che comunica con se stessi senza paura di non essere all’altezza, perchè sa che ci si può perdonare mille e mille volte di essere ciò che veramente si è, mentre lo sbaglio imperdonabile potrebbe essere proprio quello di cedere al disagio di una apparente perfezione.
Saper rinunciare ad una certa bellezza, aiuta non allontanarsi troppo dal proprio essere, aiuta a non dimenticare il gusto di vivere che si trova in certa relazioni non superficiali, spesso sacrificate quando si ricerca lo stereotipo della bellezza socialmente omaggiata.
Pollicino: Le modelle
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