La Fedeltà, ci siamo o ci facciamo? Psicologia della Coppia fedele
Fedeltà è quando non ti scoprono.
Gianni Monduzzi
Le coppie, non tutte ma molte, si giurano fedeltà.
Se non se ne parla, danno per scontato che si sarà comunque fedeli. Il fantasma del Tradimento accompagna molte di loro, si nasconde nei ritardi delle risposte ai messaggi, nei pomeriggi senza l’altra metà, nei “Dove sei stata/o?”, in un sorriso regalato o in uno sguardo altrove. Nelle coppie che lo vivono come un primario nemico da ostacolare, si arriva a definire un vero e proprio patto alla fedeltà, dandosi delle regole su permessi e proibizioni all’interno della coppia, un patto che rientra nel contratto (non si scritto ma valido) che si instaura nella relazione. Quella sicurezza di inviolabilità della coppia rassicura, rende lo stare insieme una tana confortevole nel centro del proprio mondo.
Fedeltà diventa, in maniera esplicita o implicita, un elemento necessario. Perchè se mi ami non hai bisogno di altro, perchè esistiamo solo noi due, perchè io posso prendermi cura di te, soddisfare il tuo desiderio, ascoltare il tuo corpo e la tua voce.
Eppure l’infedeltà ( nelle sue varie forme) è presente nella maggioranza delle coppie.
Tradire, diventa spesso la risposta ad una mancanza di attenzioni, ad un bisogno di vedersi/sentirsi appetibile, amabile, vivo. Ma anche al bisogno del nuovo, della conquista, del sentirsi appagati, non solo dal punto di vista sessuale. Ma se in alcune persone, i traditori seriali, essere fedeli è difficile in maniera estrema, per organizzazione di personalità, per una difficoltà che va al là della coppia in cui si vive, per molti altri la fedeltà è un tema per cui farsi domande, da soli o all’interno della propria coppia.
Nasciamo fedeli o il nostro è un costrutto sociale che risponde a dei bisogni specifici? La questione “fedeltà” trova accoglienza tra le varie specie animali, dove esiste una grande differenza tra coppie fedeli (come molti uccelli, i cigni, l’ippocampo, alcuni mammiferi come il Lupo) e coppie naturalmente infedeli, dove la coppia è solo legata al momento della procreazione, della biologica necessità di non estinguersi. Nell’uomo la fedeltà è cambiata con i secoli, con il diverso significato dato alla sessualità come alle differenze tra i sessi, restando per molto tempo (almeno nella superficie) un’attività liberamente svolta dal maschio.
Nella nostra società, l’antropologo Ralph Linton (1936 ” Lo Studio dell’uomo”), riportava come si fosse passati dal legame di sangue (famiglia ceppo), con la famiglia di origine a quello coniugale (famiglia instabile) legato all’immagine di coppia più figli, dove al matrimonio spetta il compito di tenere legate le persone. Il legame della coppia, sempre più lontano dall’idea di famiglia di un tempo, dove c’erano zie, nonni e genitori a portata di mano, si trova a dover spesso bastare a sé stesso. Il non volersi sentire soli, porta a dare un valore ulteriore alla fedeltà, al non voler rompere quel vincolo estremo che rende vicini e non abbandonati a sé stessi in un mondo ostile.
Questo bisogno di sicurezza, di non tornare soli nel mondo, molto spesso rende la fedeltà una scelta obbligata. Da una parte il significato relazionale/affettivo del voler essere fedeli, che rende inutile il tradimento, dall’altra il bisogno di essere fedeli, per l’esistenza dell’istituzione del patto di coppia, come del contratto matrimoniale ma anche per legami religiosi e culturali, insieme al bisogno dell’altro come porto sicuro.
L’esclusività del rapporto dona alla relazione forza di fronte a tutti.
Ma l’immagine che si offre diventa, talvolta, prioritaria al reale benessere della coppia. Molti dialoghi amorosi con il partner vengono zittiti dalla paura che possano mettere in crisi quella certezza, ledendo poi nei fatti la reale stabilità della coppia. Per esempio, il benessere sessuale della coppia, le fantasie sessuali, il voler vivere l’intimità in un certo modo, spesso fanno fatica ad essere raccontate nella coppia, per paura di non venir tollerate e per timore del rifiuto. Un silenzio che alla lunga può trasformarsi in mancanza e distanza emotiva tra le due parti della coppia. Per questo, sarebbe bene essere chiari sul personale grado di tolleranza, confrontandosi in coppia, giocando su cosa sì e cosa no, su cosa risulta accettabile e cosa invece non si vuole far entrare, definendo un confine capace di accogliere e non rigidamente definito.
Molto spesso, si tratta solo di sentirsi accettati come individuo esistente anche fuori dalla coppia, con desideri e fantasie che vogliono solo il diritto di esistere, senza poi concretizzarsi in abbandoni o tradimenti. Quanto si voglia accettare di giocare queste piccole/grandi libertà (dall’uscita con amici da soli, al profilo Facebook, dalla possibilità di fare apprezzamenti sui passanti alle e-mail senza il controllo del/della partner) è scelta della coppia. Ma è importante non far finta sia impossibile provare determinati desideri.
Il tradimento, virtuale o reale che sia, si presenta in molti casi come una comunicazione alla stessa coppia che ha permesso che qualcosa andasse perso.
Ogni tradimento porta con sé significati diversi, che devono essere ritrovati nella storia e nella cornice della coppia. Se in alcuni casi sono l’inizio di una rottura, in altri casi sono la possibilità della riscoperta. Un segnale che si vuole andare oltre una certa “abitudine” o che si vuole essere ascoltati dopo aver tenuto sotto silenzi dei propri bisogni nel rispetto di quel patto comune che non permetteva deroghe. In questi casi, il primo tradimento è stato a sé stessi e tradire la coppia è il passaggio che può, in qualche modo, liberare quanto era stato fatto prigioniero.
Ci sono anche coppie che scelgono di non essere fedeli. Sono meno coppie delle altre?No. Sono coppie che hanno fatto scelte diverse, in alcuni casi vincenti, in altri meno.
Quindi siamo fedeli o vogliamo illuderci di esserlo?
La domanda ha sempre più risposte. Siamo soggetti a cambiamenti continui, a desideri e necessità mai immobili. La coppia può scegliere di prendersene cura o lasciar andare, stringendo le briglie in un patto arido e senza possibilità di guardarsi intimamente. Nel momento in cui si è leali al patto ma non a sé stessi, rinunciando a qualcosa che pure ci appartiene, la possibilità, presto o tardi, di un tradimento ( che assume diverse possibili forme, non necessariamente solo quella dell’amante sul cornicione con il classico “Cielo mio marito!”) diventa concreta. L’infedeltà diventa allora un segnale, un razzo lanciato nella notte scura per far vedere là dove non si voleva guardare. Di certo l’idea di fedeltà è per buona parte un costrutto culturale. E con questo è bene far pace.
Restare fedeli tutta la vita? Possibile, se ci si permette di essere però infedeli a quella idea di noi stessi e della nostra coppia che pretende immobilità nei secoli. Finché risulta possibile giocare con i gradi libertà e di cambiamento della coppia, aggiustando il tiro, ascoltando le personali trasformazioni, rinnovando l’incontro, allora potrebbe non essere necessario il tradire al di fuori della coppia, diventando, a tutti gli effetti, gli amanti uno dell’altro/a. Non una fedeltà per paura di cosa possa capitare dopo, ma una attiva ricerca di soddisfazione nella coppia, mettendosi a rischio di crisi e rivoluzioni interne, per poter godere poi del rinnovato equilibrio insieme.