Amare BoJack Horseman – I motivi della Psicologia
Diane Nguyen: Sei il solo responsabile della tua felicità.
BoJack Horseman: Mio Dio, è deprimente!
Diane Nguyen: No, non lo è.
BoJack Horseman: Responsabile della mia felicità? Non so esserlo nemmeno della mia colazione!
Un giorno Raphael Bob-Waksberg ha inventato BoJack Horseman e molte cose sono cambiate. No, non molte. Ma vi posso assicurare che quello che vedrete in BoJack è uno dei migliori condensati di umanità che si possa trovare nel personaggio di una serie animata per adulti. Al momento è su Netflix con le sue 4 serie e siamo, o almeno io lo sono, in attesa della numero cinque.
-Attenzione, leggendo potreste trovare dello spoiler!! –
BoJack è un cavallo antropomorfo che negli anni ’90 era famoso per uno show televisivo. Ora è sovrappeso, alcolista, depresso, alla ricerca di un significato per la sua vita, significato che spesso dimentica di star cercando. Intorno a lui ci sono personaggi diversi, esseri umani e animali, in un mondo per lo più pieno di persone dello spettacolo.
Puntata dopo puntata BoJack allontana gli amici, li ferisce, cerca di sistemare le cose, le peggiora, si innamora, scappa, si ferma, scappa di nuovo, vive qualche illuminazione, non regge le responsabilità.
BoJack vorrebbe, anche se non sempre, ma proprio non riesce a stare nel mondo.
Non è capace di empatia per più di cinque minuti, poi deve correre nel suo mondo attutito dall’alcol, dalle droghe e dalla superficiale soddisfazione che gli lascia la sua rimasta fama di attore tv. Ha un sogno, recitare in un film su Secretariat, il cavallo suicida che ha segnato la sua infanzia. Ma realizzarlo non lo aiuterà come crede. Anche i suoi innamoramenti non arrivano mai a diventare concreti, anche quando si impegna.
Sembrerebbe una storia triste, invece BoJack è in buona parte comico. Alcune puntate sono un poco lente, ma pian piano si entra nel suo mondo e ci si impadronisce del suo senso amaro del sarcasmo.
Nessun vuol salvare BoJack, neanche chi lo ha creato.
BoJack ci viene mostrato senza indulgenza, nella sua patologia, come nella sua fragilità e questo vederlo vulnerabile ci permette di riconoscerci in lui e fare il tifo perchè si riprenda, perchè possa diventare il protagonista sereno della sua vita, ma come nella vita reale, non capita mai come vorremmo.
Il mondo intorno a BoJack
Il mondo di BoJack ci viene raccontato nella sigla (video sopra). E’ il mondo della televisione, della massa che vuole facce famose e non buone idee, basta pensare alla campagna elettorale a governatore della California che viene inscenata prima per uno dei personaggi fissi della serie, Mr PeanutButter, un labrador sempre felice ma non proprio furbo e poi da Jessica Biel, sì, proprio l’attrice (che a differenza di altri si è prestata a giocare con la sua immagine e si è anche doppiata), contro un politico vero, onesto, attento, capace ma penalizzato dall’essere troppo serio.
Un mondo, quello che di BoJack che ci mostra i difetti e i pericoli dello showbiz.
Dove i giovani attori/cantanti sono lasciati a se stessi e possono morire di droga e alcol, come una delle protagoniste, dove le dipendenze sono la risposta alla solitudine e al senso di vuoto lasciato da relazioni fragili, inconsistenti, vuote.
Piccoli narcisi che cercano con la fama di riempire il buco di senso ed emozioni che li attanaglia. Personaggi famosi che affrontano temi importanti come spot pubblicitari da cavalcare, per poi contraddirsi nella vita privata, come l’episodio che tratta l’aborto e la strumentalizzazione, a fini commerciali, di un errore sui social che vede protagonista Sextina Aquafina.
Ogni tanto cercano di creare qualcosa di solido, come la gattina manager-agente Princess Carolyn, amica ed ex di BoJack, che cerca e desidererebbe costruirsi una famiglia, ma non riesce mai fino in fondo, lasciandosi accecare da rapporti posticci, in cui vuole assolutamente credere, come quello con Vincent Adultman (tre bambini uno sull’altro nascosti in un impermeabile). Una donna-gatta che non riesce a prendersi cura di se stessa e corre dietro ai bisogni di tutti, sognando un futuro in cui si dirà che lei ce l’ha fatta (ad essere felice).
Intorno a BoJack un mondo confuso, fatto spesso di buone intenzioni che si risolvono in pasticci, in complicazioni che rendono tutto estremamente complicato. Le relazioni si mostrano per un articolato intreccio di paure, responsabilità, incertezze che riescono a volte a sanare il senso di insicurezza dei personaggi, altre volte li rendono più incerti e sofferenti.
BoJack siamo noi
Smettila! Tu sei tutte le cose che non vanno in te. Non è l'alcol o le droghe o nessuna delle merdate che ti sono successe nella carriera o quando eri piccolo, sei tu! Todd a BoJack
BoJack, nel suo narcisismo, nelle sue fragilità, nella sua fatica di essere adulto, ci ricorda che siamo i responsabili della nostra vita. Per quanto sia difficile accettarlo, se vogliamo essere felici, dobbiamo fare fatica e migliorarci, accettare quello che ci è accaduto, elaborare i nostri traumi e andare avanti, cresciuti.
Invece BoJack è un campione nella ricerca del capro espiatorio, non riesce a essere adulto per più di 5 minuti e trasforma le sue scelte adulte in pasticci da bambino incompreso e arrabbiato, sempre sulla pelle delle persone che voleva aiutare o a cui voleva avvicinarsi. Todd, il ragazzo che inizialmente vive con lui, finisce con l’essere, nella sua ingenua e a modo suo pura capacità di stare al mondo senza mai corrompersi, glielo ricorderà, ma senza troppi risultati.
A momenti di lucidità, quasi poetica, come quella che vivrà nell’episodio 3×04 “Un Pesce Fuor d’Acqua” quando arriverà a comprendere che “In questo mondo terrificante, ci restano solo i legami che creiamo.” seguirà il ritorno alla rassicurante superficialità dove tutto scivola.
Le buone intenzioni di BoJack durano il tempo di un episodio, qualche giorno al massimo, ma le sue difficoltà emotive sono troppe per permettergli di reggere il peso di una vita adulta. Come capita a molti di noi, ad un passo avanti, pure desiderato, seguono almeno tre indietro, in una danza umana quanto dolorosa.
Finiamo per il capire BoJack, per empatizzare con lui, che non riesce ad empatizzare con nessuno e in quel momento ci rendiamo conto che, per quanto terribile questo possa sembrarci, Bojack siamo noi. E ci scopriamo a perdonarlo e volergli bene, come vorremmo essere perdonati e amati.
Dove gli psicologi potrebbero emozionarsi davvero! La storia familiare di BoJack e le tre Generazioni
BoJack non è nato così. Man mano che lo conosciamo, che scopriamo il suo “odio” per la madre, Beatrice e le sue difficoltà relazionali, man mano che vediamo la sua depressione, il suo narcisismo manifestarsi, scopriamo anche che la sua storia è stata piena di freddezza, che la sua famiglia lo ha sempre svalutato, che ha avuto forti traumi legati all’attaccamento con la madre.
E qui lo psicologo si emoziona.
Perchè a fare il genogramma di BoJack, a raccogliere la sua storia trigenerazionale, scopriamo molto su come oggi sia diventato il nostro cavallo umano.
La madre, la terribilmente anaffettiva Beatrice Elizabeth Horseman aveva una vita normale di bimba, in una famiglia ricca e formalmente unita, finché un trauma terribile non ha segnato la sua vita, la morte del fratello in guerra.
La madre, la dolce e vitale Honey Sugarman, non riuscirà a superare il trauma e insegnerà alla piccola che l’amore fa cose terribili alle persone, facendole promettere che non avrebbe mai amato nessuno come lei aveva amato quel figlio morto. Il padre di Beatrice, non sapendo gestire la cosa, non solo non rassicurerà in nessun modo la piccola ma lobotomizzerà la moglie, privando Honey della sua dolcezza e della sua consapevolezza e Beatrice di una madre amorevole. Inutile dire che le provocazioni in età adolescenziale di Beatrice la porteranno in fretta a sposare un Horseman, di famiglia povera, scapestrato e immaturo.
BoJack nasce in una famiglia fredda, con una madre chiusa nel suo dolore, sarcastica, ferita e incapace di riconoscere i suoi sforzi per farsi amare. Il padre è periferico, poco presente, frustrato dall’aver messo da parte i suoi sogni per sposare una donna con cui aveva avuto un solo rapporto sessuale, diventando poi protagonista di molte scappatelle con cui la tradisce. Il piccolo BoJack resta in mezzo a questo legame gelido, crescendo non amato, non desiderato, solo, svalutato in tutto.
Quando sarà ferito anche dal suo mito televisivo, Secretariat, cavallo da corsa invischiato in varie azioni illecite, per cui morirà suicida a 27 anni, per BoJack non sembrerà esserci altra strada che quella di nascondersi nel suo desiderio di grandiosità senza legami. Le parole del cavallo da corsa, che risponde alla sua accorata lettera di piccolo fan con amarezza e crudeltà, dicendo che la vita non ha senso e nulla può dargli significato, saranno troppo.
BoJack si rifugia nello spettacolo, cercando di placare il suo bisogno di ammirazione nell’essere famoso, pur imparando a non provare empatia per gli altri, che sfrutta, manipola, in una vita che solo a momenti assume un senso più profondo.
Scoprendo la storia di BoJack impariamo che ognuno ha una storia che lo ha portato a manifestare alcuni suoi aspetti invece che altri e che, se non accogliamo la storia, perdiamo molto di quella persona.
Vediamo infine la sua umanità a forma di cavallo, nascosta tra le sue ferite e vorremmo che le affrontasse, ma non ci sono psicologi in questa serie e lui continua a vivere accompagnato dai suoi disturbi.
Alla fine, BoJack è un prodotto completo che ci mostra molto più di situazioni buffe che possono farci sorridere. Ci insegna che dobbiamo trovare la nostra strada per la felicità e che a volte questa passa per l’infelicità.
“A volte devi essere responsabile della tua felicità…ci vuole molto tempo per rendersi conto di quanto si sia infelici e ancora di più per capire che non deve essere così.” Bel Baffetto, regista tv
Vi dirò la verità, in BoJack è possibile vedere anche molto altro, dalla critica della società a molti aspetti legati alla psicologia e alle dinamiche umane, per questo (e perchè fa sorridere) non vedo l’ora che arrivi la Prossima Stagione!
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