Siamo tutti più superficiali? La paura della complessità in un mondo senza responsabili
Bisogna pensare al cambiamento di valore della parola amico che si è avuta tra ieri e oggi grazie a internet, per capire come i rapporti siano diventati facili e superficiali. I nuovi rapporti vivono di un monologo e non di dialogo, che si creano e si cancellano con un clic del mouse, accolti come un momento di libertà rispetto a tutte le occasioni che offre la vita e il mondo. In realtà, tanta mancanza di impegno e la selezione delle persone come merci in un negozio è solo la ricetta per l’infelicità reciproca.
Zygmunt Bauman, Società liquida
I tempi stanno cambiando, anzi sono già diversi, e lo sono anche adesso, adesso, adesso, adesso…
Viviamo cambiamenti talmente veloci che non abbiamo neanche il tempo di analizzarli e siamo già oltre. E’ così ogni giorno. Non facciamo in tempo ad entrare al cinema per l’ultima saga che ne è iniziata un’altra, la canzone che non potevi non conoscere il mese scorso oggi è dimenticata e ne abbiamo una nuova. Stessa cosa se usciamo dal piccolo ed entriamo nel macro, il mercato del lavoro, la comunicazione, le relazioni, in tutti i campi in cui possiamo declinare la vita, questa cambia così velocemente da lasciarci senza parole.
E le parole che restano a disposizione sono superficiali. Perché fretta e superficialità rischiano di diventare le malattie del secolo che stiamo vivendo. La fretta di avere una opinione su tutto e quasi mai un pensiero complesso, la superficialità che non contempla la possibilità di darsi tempo, che pretende risposte, azioni, linee nette tra il buono e il cattivo, per stringere la mano all’uno e prendere le distanze dall’altro, per scrivere una lettera sui social dove si capisca che siamo dalla parte giusta. Che poi è il nostro cruccio, apparire giusti, buoni, possibilmente i migliori di tutti o almeno i più amati.
Non possiamo soffermarci, se faccio una cosa per primo ho vinto. Se affermo qualcosa per primo vinco tutto. Anche se questo significa tralasciare qualcosa. Competizione per vincere, ma velocemente. Partecipare alle conversazioni solo per rispondere, per convincere e non per capire, comprendere l’altro.
Viviamo immersi in un mare magnum di informazioni, sempre parziali.
E’ un gioco di destrezza, dobbiamo riuscire il più velocemente degli altri a tirare fuori da quello sguardo parziale una idea, da ritenere assoluta, per permetterci di non avere dubbi e sentirci bene, insieme a quelli che la pensano come noi. Ma questo ci rende superficiali, ci siamo sbrigati ma abbiamo tralasciato molti, troppi, dati necessari per avere uno sguardo capace di abbracciare il tutto. Davanti all’impossibilità di avere tutte le informazioni possibili, visto che molte le filtriamo già attraverso quello che siamo, ci accontentiamo di vedere solo quel poco che ci offre l’occasione per dare un giudizio. Così ci sentiamo al sicuro dalla solitudine di chi non comprende, di chi accetta le sfumature, di chi crede che conoscere sia la strada necessaria a farsi un’idea, restando consapevoli che avremo pur sempre una visione parziale del mondo.
Agiamo in maniera superficiale perché crediamo che non possiamo permetterci di dare spiegazioni complesse, dividiamo tutto in squadre nette e definite di bianchi e neri, di buoni e cattivi. Ci si chiede di evitare al mondo la frustrazione, anche se questa fa parte del mondo stesso, ci si chiede di evitare la fatica delle sfumature, di dare ai nostri follower completa soddisfazione. Viviamo anni che non sanno attendere e devono avere tutto sotto controllo e velocemente.
Ma il pensiero umano, le emozioni, le relazioni, sono un continuo compromesso tra quanto è comprensibile e l’inspiegabile, ogni elemento allarga il nostro sguardo fino quasi all’infinito. E, invece, abbiamo paura già solo di guardare troppo al di là dei nostri piedi, con il timore di abbandonare una comfort zone fatta di “poco ma sicuro” e, quanto sicuro, quel poco diventa preferibile a completo, complesso. La ragione si è fatta irragionevole e si nutre di piccoli e veloci piaceri, stare nelle cose spaventa, perché ci renderebbe responsabili delle nostre azioni, che in nome di fretta e superficialità, possiamo invece compiere con estrema leggiadria.
Nelle relazioni le connessioni profonde sono, per lo più, rifuggite.
La profondità è scura, spesso pericolosa e nei fondali temiamo di vedere affacciarsi i peggiori dei nemici, mostri nutriti di buio, feroci nel loro desiderio. Quindi viaggiamo a pelo d’acqua, dove tutto sembra più sicuro (ma non immune da squali feroci). Le relazioni si consumano in fretta, possibilmente si fermano prima di iniziare a costruire, le fondamenta sono talmente corte da non reggere il primo refolo di vento, la prima frustrazione. Peccato che la bellezza del vivere in coppia spesso risiede proprio nel superamento di quella frustrazione, nell’accettazione della disillusione di chi si riteneva perfetto e non lo è, nello scoprire che prendersi per mano e camminare insieme è spesso più faticoso che fare l’amore dopo venti minuti di chiacchiere. Non per niente è l’intimità più del sesso che spaventa giovani e meno giovani, che si dimostrano anche superficiali in termini di protezione. Ce lo racconta il Censis (fondazione Centro Studi Investimenti Sociali) presentando un approfondimento sui Millennials e il loro modo di vivere il sesso, da cui è risultato che sono attenti ad evitare gravidanze ma sono convinti che la pillola anticoncezionale possa proteggerli dalle malattie e non conoscono molto papilloma virus, clamidia e altre.
Superficiali da tastiera
Superficialità è non pensare alle conseguenze e quindi liberarsi del pesante fardello della responsabilità. Lo sanno bene i giustizieri da tastiera, quelli che attaccano il compagno di scuola per una bravata, che gli fanno un video e lo mettono online “per ridere” anche se non si ride tutti, il protagonista, di solito, non ride per niente. Ma finché non ci sono conseguenze, non c’è il problema e se non c’è responsabilità non c’è idea delle possibili conseguenze. E i video vengono girati ogni giorno, i ragazzi feriscono altri ragazzi, umiliandoli spesso al punto da fargli decidere di difendersi facendola finita. Rispondendo ad un gesto impulsivo e non controllato con un altro gesto impulsivo, spinti dalla disperazione.
E il problema non sono solo i ragazzi. Il nostro cervello sta cambiando e questo ci deve mettere all’erta dai rischi di un viaggiare a pelo d’acqua, senza pensare all’altro e alla complessità delle cose.
Dozzine di studi di psicologi, neurobiologi ed educatori giungono alla stessa conclusione: quando siamo online, accediamo ad un ambiente che stimola la lettura rapida, che accelera e distrae il pensiero, e che induce a un apprendimento superficiale. Anche se Internet, ci garantisce un facile accesso a un numero immenso di informazioni, ci sta rendendo tutti pensatori superficiali, cambiando, letteralmente, la struttura del nostro cervello.
Nicholas Carr, Wired, 2010
Quanto siamo in grado di vivere l’altro con empatia? Quanto riusciamo a stare nelle situazioni, accettandone la complessità, le difficoltà, le sfumature? Quanto sappiamo frenare l’impulso di prendere posizione e giudicare velocemente?
Il piacere di fare attenzione alle persone
Capire, ascoltare l’altro sembra sempre più complicato. Eppure la vita ha bisogno di attenzione, di fare e dare attenzione. Dalle spiegazioni che ci richiedono i bambini, che si nutrono di tempo, di parole pensate a cui vogliono poter credere, a quelle che dobbiamo ai nostri pari. La superficie è sottile e potrebbe spezzarsi da un momento all’altro, smascherando la nostra incapacità di accettare la complessa realtà del mondo e dei suoi fenomeni, delle relazioni e delle emozioni che noi stessi proviamo.
Certo le relazioni superficiali sono poco impegnative e non occorre coltivarle con cura, si fanno in fretta e non hanno bisogno di continuità e coerenza. Ma esiste un ma. Abbiamo bisogno di persistenza, di quello che rimane dopo che la fretta è passata, del calore di qualcuno che conosca anche i nostri piccoli, speciali difetti e sappia quando stiamo per metterci a piangere o urlare. Una relazione superficiale sarà illuminante ma la sua luce dura poco se non impara ad apprezzare certe ombre.
(Ringrazio Susanna Ricci, dello Staff di Radio RBE per avermi solleticata questa riflessione.)
emiliacapasso
Sei sicura che la superficialità sia una caratteristica della società contemporanea? Io penso di no. Penso che oggi siamo meno ipocriti e ci amiamo di più. Io sono per un sano egoismo, piuttosto che un inutile spirito di sacrificio: non siamo nati per soffrire!
Attenzione alle utopie nelle relazioni sia amorose sia di amicizia. Gli individui sono diversi. C’è chi è più felice o sereno con tante relazioni, perché unificare il piacere? L’accettazione della relatività è la chiave per comprendere il mondo contemporaneo. Personalmente, avrei preferito molto di più vivere la mia adolescenza adesso, con il web e più libertà di conoscenze ed esperienze, rispetto agli anni ottanta, decennio per eccellenza di ipocrisia e narcisismo sfrenato, dove ancora il mito della famiglia del mulino bianco la faceva da padrone, rovinando la vita di chi la pensava diversamente. Discorso lungo, spero di essere stata ben chiara.
Dott.ssa Marzia Cikada
Grazie del contributo! Da parte mia ritengo che la consapevolezza di una persona non possiamo renderla generale, anche se ce ne vorrebbero di più di persone che hanno trovato la loro chiave di lettura del mondo.
Dal mio osservatorio, nonché da letteratura e cronaca quotidiana, non mi sentirei di dire che condivido quanto scrivi, benchè sia chiarissimo, tranquilla. In ogni caso non mi sembra di promuovere una utopia. Sono felice tu possa essere tra le persone responsabili di quello che vivono e agiscono, così come, essendo consapevoli delle proprie scelte, sono poche le strade che non siano percorribili (anche nei rapporti amorosi, chiaramente). Resta l’elemento responsabilità che va valutato di situazione in situazione e non mi risulta, specie per gli adolescenti, che ci sia una maggiore serenità in questi nostri anni, nel loro crescere.
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Manuela
Bellissimo articolo, personalmente ci ho ritrovato tutto quello che ho vissuto in prima persona e che osservo intorno a me. Gran parte dei rapporti che si instaurano sono molto superficiali, manca la volontà di approfondire, l’attenzione nell’ascolto, il senso di responsabilità verso l’altro per quello che gli si può provocare con un gesto o una parola, manca la comunicazione vera. E si continua a procedere in questa direzione senza rendersi conto che forse (e qui c’è anche un discorso di consapevolezza) il senso di solitudine e la mancanza di serenità, che fanno così tanta compagnia, sono legati a tutto ciò. Grazie per quanto hai scritto.
Marzia Cikada
Grazie Manuela per le tue parole.