
Che fine ha fatto Bernardette? (2019)
Non tutte le prigioni hanno le sbarre: molte sono meno evidenti ed è difficile evadere perché non sappiamo di esserne prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l’immaginazione, fonte di creatività.
Henry Laborit
La vita è un percorso creativo.
Tutt* siamo chiamat* a decidere come onorarlo. Se ogni persona ha un talento, non tutte sono in grado di scovarlo, dargli spazio, renderlo parte attiva della vita. Ma quando ci si riesce allora è meraviglioso. Si sente scorrere il piacere di esistere, essere acquista un nuovo significato, il corpo si anima, i colori stessi sembrano brillare di più. Ma cosa succede se smettiamo di farlo? Se lasciamo che si assopisca il fuoco sacro della nostra stessa essenza?
A questo risponde l’ultimo film di Richard Stuart Linklater nel suo ultimo film Che fine ha fatto Bernadette? film semplice e fruibile da guardare con attenzione.
Cate Blanchette è bellissima. Come sempre. E’ lei a interpretare la protagonista di questo film, tratto dal libro di Maria Semple “Dove vai Bernadette?” (ed. Rizzoli, 2019). Si chiama Bernadette Fox e ha un marito che ama, Elgie (l’attore Billy Crudup) che lavora in Microsoft e una figlia che adora che si chiama Bee, legata alla mamma in maniera tenera e decisa.
Noi la vediamo distaccata e acida, divertente a suo modo, carica di sarcasmo e astio per le sue vicine. Odia tutti, non vuole avere contatti con nessuno, se non con la sua aiutante online che le procurerà non pochi guai. Bernadette sorride solo con Bee, con lei si concede emozioni sopite cantando in macchina, giocando, tirando fuori quello che ha nascosto, il suo fervore creativo, il suo entusiasmo.
Per il mondo è una eccentrica, una donna pericolosamente misantropa e piena di sé. E invece, si scopre, è proprio se stessa che ha perso.
Bernadette ha una storia alle spalle, dei successi, è stata una promettente stella dell’architettura. Era famosa, acclamata, bellissima, innamorata del giovane e, anche lui, promettente, marito. Poi c’è stato un fallimento, professionale. Un primo trauma. La morte di una sua creatura, di un suo progetto, per mano di quanto di peggio possa incontrare una creativa, una persona senza gusto, senza valori, incapace di cogliere il peso di quanto era nell’idea della donna, e avvezzo solo a soddisfare i suoi bisogni venali (mentre Bernadette crea con materiali di recupero e in maniera semplice e in armonia con l’universo intorno). Alla morte di questa creatura, una abitazione, segue quella dei figli che non riesce ad avere. Vive quattro aborti e, quando finalmente nasce sua figlia Bee, la piccola ha problemi di salute, sembrerebbe non dover vivere a lungo. Bernadette sacrifica tutto per stare con lei, si dedica a sua figlia dapprima per salvarla poi per essere salvata da lei. Bee diventa la sua creazione unica. Non prova neanche a immaginare altro di nuovo, mentre il marito si dedica alla sua carriera. Una promessa sembra così mantenuta.
Ma anni dopo questo equilibrio non può funzionare. Ed ecco apparire la versione istrice di Bernadette.
Un’idea che non trova posto a sedere è capace di fare la rivoluzione.
Leo Longanesi
Perché se dimentichi chi sei, la vita è un trascinarsi di giorni. E Bernadette lo scopre sulla sua pelle. Lentamente il suo mondo si riempie di astio, rancore, fastidio che non evita di manifestare in maniere sempre più appuntite, se non pericolose.
Fino a quando tutto esplode.
Il marito, in una mossa piuttosto superficiale e maldestra, cerca l’aiuto di una psicologa e – tanto per cambiare – l’intervento invece di risanare e sostenere fa esplodere (n.d.p. insomma, terapeutico suo malgrado ed è sempre un peccato quando la figura di una collega è così barbaricamente sgraziate ed entra nel mondo familiare delle persone con il passo di un gigante ubriaco).
Ma dal dolore di sentirsi tradita e abbandonata, Bernadette riscopre la sua energia e tra qualche mirabolante avventura di risveglia. si ricorda di sé. In una ricerca di sé stessa simile a quella del Re Leone, arriva infine, senza veri cattivi, a rivendicare la sua natura, a riprendere il suo posto in famiglia, a risvegliare la sua coppia.
La vera sparizione del titolo non è, come ripete più volte il marito di Bernadette, quella di una donna che scappa. Si tratta, piuttosto, di una donna che si nasconde e si ritrova, in fine, ad un passo da sé e a molti chilometri da casa sua.
Sembra volerci dire, la storia di questa architetta geniale, che la realizzazione di una donna passa attraverso il ruolo di madre ma non può, almeno per la maggioranza, essere solo quello. Non si è solo compagne. Una parte, essenziale per ogni persona, deve trovare sempre come potersi esprimere, come mostrarsi. Altrimenti è la perdizione. Ci si nasconde, nel sarcasmo, nella rabbia, nella tristezza e ci rimangono, se va male, le etichette diagnostiche lanciate a caso – e interposta persona per altro – dai professionisti che non vedono l’ora di dire la loro ma mancano di ascolto.
Perché se ascoltassero, sentirebbero un richiamo di aiuto.
Siamo di fronte ad un film che parla alle donne ma anche alle coppie. Perché il ruolo di Elgie è quello del complice. Complice di aver lasciato andare le cose, di non vedere la passione di Bernadette spegnersi, appiattirsi facendo la mamma e lasciando andare il suo amore per il progettare – non per nulla, casa loro è un ricettacolo di crepe ed erbacce, nel pieno disinteresse di lui, che se ne sta comodo nel suo ufficio ben arredato.
Se la coppia non fa attenzione, ci si potrebbe sbilanciare nel sostenere e permettere il solo bisogno di una parte che, soddisfatta, rischia di smettere di fare coppia con chi ha accanto e finisce con farlo con altro. Nel caso dei nostri due,entrambi mantengono una parvenza di vita a due ma sono in realtà lontani uno dall’altra. Elgie si accompagna con il lavoro e Bernadette ricompone la coppia con la figlia. Mettono così in difficoltà la relazione ma, fino all’esplosione, come avviene sovente, si resiste. Perché è comodo, tutto funziona, ognuno ha qualche vantaggio (lui lavora senza problemi, lei un rapporto speciale con la figlia). Solo quando lui si accorgerà di essere stato testimone di una silenziosa resa, di non aver protetto il talento e la natura della sua donna, e la vitalità della loro storia d’amore, solo allora, dopo i cambiamenti del caso, la coppia potrà rilanciare il loro legame, ridefinire la loro storia e avere davanti un futuro insieme. Felici.
Non fate morire la creatività di chi amate, sostenete la natura di chi avete accanto, fate attenzione che non appiattisca. Se è amore, vorrete sempre che chi divide la vita con voi, bruci del suo fuoco, si nutra del suo cibo, sorrida di quanto gli fa bene.
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L’arma segreta: Risvegliarsi e vedersi di nuovo. La possibilità di una coppia nuova.