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Me lo tieni? L'uguaglianza di genere è dura. Ce lo spiega Sanremo. - Pollicino era un grande
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Me lo tieni? L’uguaglianza di genere è dura. Ce lo spiega Sanremo.

Una delle cose riguardo alla parità dei sessi è non solo che devi essere trattata allo stesso modo di un uomo ma che devi trattare te stessa così come tratti un uomo.
Marlo Thomas

Ma se il pensiero corrompe il linguaggio, anche il linguaggio può corrompere il pensiero.
George Orwell

Fare i figli è procreazione, educarli e crescerli è creazione.
Efim Tarlapan

 

Frequento madri e padri super in gamba. Genitori preparati, caldi, affettuosi, vicini. Sono una bellezza e crescono bambini sereni. In ogni caso fanno del loro meglio. Eppure. 

 

Conosco donne meravigliose. Sono preparate, competenti, pronte a darsi da fare. Hanno studiato, ci sanno fare, si sanno muovere nel mondo e nel loro mondo interno. Eppure. 

 

La vita delle donne e delle mamme è costellata di eppure. 

 

Eppure non sono alla pari. 

Eppure se si deve scegliere si sceglie un uomo. 

Eppure la gender parity, l’uguaglianza di possibilità se sei nata donna o uomo è ancora lontana dalla vita di tutte e tutti. 

Eppure è diverso se sei una mamma o sei un papà

 

Sono tanti i genitori che tentano di vivere alla pari.

 

Lei ha un ruolo lavorativo, prova a far carriera, veste come crede, sceglie e si dice libera dalle spire malefiche del patriarcato. Al suo fianco, mai davanti neppure di un passo, abbiamo lui. Il compagno armato di buon senso e cultura che combatte contro ogni discriminazione, che fa cose, schifa il machismo e ritiene che la sua compagna sia libera quanto lui. 

 

Eppure. 

 

Ci sono certi racconti che fanno, o neppure, a volte sono solo parole che si dicono, parole che si intrufolano tra le altre e ci ricordano quanto sia davvero complicata la coerenza, quanto, dietro ogni angolo, possiamo inciampare in una maestà il secolare Mostro Misogino o peggio il suo compagno fidato, sua eccellenza l’Errata Superiorità Maschile. Quelli che loro stessi combattono.
Sono piccoli momenti, frasi lanciate con la normalità con cui ci si toglie le scarpe appena dentro casa.  Frasi che portano la riflessione su quanto sia, nelle coppie di genitori eterosessuali, ancora difficile giocare alla pari. Perché la disparità ce l’abbiamo dentro, tra le parole come tra i pensieri, nelle azioni che si ripetono uguali da secoli e, anche per questo, è davvero complicato mandare via del tutto. 

 

Le coppie si impegnano per darsi una mano, per sostenersi, dividere la fatica della giornata, dell’educazione. Ma ancora non basta. 

 

Ogni tanto, furtiva tra le altre, si infila una frase come:

 

– Sono riuscita ad uscire perché la pupa me la tiene lui

 

– Che bravo questo papà che le da una mano

 

– E’ bravo. Se chiedo mi aiuta sempre, se può.

 

Sembrano frasi innocue ma, se davvero le parole disegnano la realtà, possiamo vederle disegnare lo stato dell’arte – ancora oggi – delle coppie. 

 

In quel “me lo/a tiene” c’è tutta l’essenza di quello che vorrei fosse spazio di riflessione. E’ come se la mamma in questione dicesse – con qualche esagerazione forse :

 

Lo tiene a me in quanto mio, essendo la madre sarei io a dovermi far carico di tutto e quindi, se lo fa, lui è un giusto e il suo nome dovrà essere accompagnato da note di giubilo e rispetto per tutta la Terra.”

 

E succede che, di solito, se lui se lo tiene, poi bisogna poi fare le cose in fretta. Perché se lui fa questo titanico sacrificio, non è detto possa essere per molto, lui, in fondo, lavora o ha bisogno dei suoi svaghi. Quindi il tempo regalato da tanta generosità, non va abusato. E  non parliamo di nonne e nonni,  esaltati da quanto sia bravo il loro figliolo o genero ! 

 

Se non ci vedete nulla di strano, è perché siamo ancora immersi in un linguaggio che vede la donna naturalmente ai fornelli – anche quando questi sono stati scambiati con un microonde ultimo modello per scongelare il surgelato non avendo il tempo, dopo il lavoro, di cucinare verdure a km0 comprate al mercato. Le mamme sono stanche ma ancora si vergognano di dirlo, per loro, avere la parità, vuol dire far bene tutto, dal bebè al lavoro, senza lamentarsi mai e limitando, caso mai, i loro spazi individuali. Come se, crescere il pargolo, cancellasse . naturalmente – le altre esigenze della sua vita, e fosse, in buona parte, compito suo farsene una ragione e trovare come andare avanti. In fondo lui, se glielo si chiede, te lo tiene il tempo di fare una doccia.

 

Magari questo mio è un tantino carico, ma serve sottolineare le cose che vuoi si vedano ed è palese che il carico mentale nel gestire la famiglia è ancora sulle spalle del genere femminile.  E’ ancora raro che si sia davvero insieme, anche quando le coppie sono convinte che sia così. Dalle parole ai gesti, tutto ci lascia comprendere che, anche con le migliori intenzioni, il retaggio di secoli di squilibri ha lasciato una innaturale disparità tra i sessi. 

 

Il bambino nasce da entrambi e in ogni caso non è di nessuno. 

 

In Italia i ruoli nella coppia seguono ancora i segni tracciati dai secoli precedenti, seppure con qualche cambiamento qui e là, nella mente e nel linguaggio delle persone esiste ancora una rigida diversità tra obblighi di madri e padri.

 

Esistono due genitori e moltissime cose da fare. Un padre dovrebbe stare con il bambino come ci sta la madre. A parte le primissime fasi e per quanto riguarda l’allattamento, tutto il resto è condivisibile. 

 

Anche l’immagine dell’uomo buono che si completa con la sua donna, che la deve proteggere, economicamente quanto fisicamente, è uno stereotipo che porta ancora molte coppie a vivere una disparità interna. Facendo fatica, poi, ad accogliere che sia la donna ad avere maggiore soddisfazione sul lavoro, per esempio. Per cui, magari è bene sia lei a lavorare di più e il babbo a trovare come badare alla creatura di casa e organizzare spostamenti e pappe. 

 

In questo le politiche economiche non aiutano. In Finlandia – dove sono cinque donne a governare – esiste oggi il congedo parentale uguale per mamma e papà, in modo che anche i padri possano prendere del tempo per occuparsi dei loro figli, scegliendo insieme chi dei due sia preferibile ne usufruisca. Ma da noi ancora si fa fatica a far entrare -tanto meno per legge- il babbo nella crescita dei piccoli e delle piccole di casa. La fase iniziale di vita – che per molti arriva ben oltre i primi mesi – sembra lasciata sulle spalle  delle madri. Dai risvegli notturni – anche se lei lavora – al tempo per seguirli, sembra che alle donne spetti “naturalmente” il privilegio di occuparsi di tutto. Con una buona dose di occhiatacce se la mamma riprende a lavorare troppo presto, mettiamo caso sia una libera professionista, neppure abbandonasse la prole nella ruota degli esposti per rincorrere fama e potere.

 

Se le donne devono superare la predisposizione culturale a sentirsi in dovere di (e la lista sarebbe lunghissima), gli uomini devono rendersi consapevoli della necessità di rinunciare a secoli di supremazia, spesso tossica e pericolosa. 

 

Quando si appartiene a una minoranza, bisogna essere migliori per avere il diritto di essere uguali.
Christiane Collange

 

Una lezione in più di quanto il cambiamento debba essere fatto in due ci arriva da San Remo. Perché se il Festival nazionale ci ha offerto un quadro dettagliato della situazione – poche donne, per lo più da abbellimento – il palco dell’Ariston è stato usato per comunicare, al di là della musica, la necessità di un cambiamento. Ed è stato un uomo a prendersene l’onere. La performance di Achille Lauro ha avuto un obiettivo preciso, sottolineare come si debba imparare a superare il modello maschile presente per costruirne uno diverso, non tossico e non omofobo. L’artista ha scelto di cantare vestito in versione San Francesco, David Bowie (nello specifico Ziggy Stardust) la marchesa Casati Stampa e Elisabetta I per superare un certo modello di uomo sul palco, giocando con stereotipi e omofobia.

 

Certo è stato spettacolo ma, ancor prima, è stato un test. E l’Italia, ancora una volta, non lo ha superato troppo bene.

 

La reazione della popolazione  è stata chiara. E da parte di uomini e donne. Perché, quando bisogna difendere il modello imperante del patriarcato, uomini e donne si alleano, entrambe le squadre pronte a criticare e demonizzare quanto non è come è sempre stato. Il fatto che anche le donne abbiano sentita la necessità di commentare in maniera negativa il performer, magari perché non aveva un fisico da modello, invece di stare sul contenuto, ci racconta una storia antica, dove l’apparire è ancora la regola, dove ognuno deve stare al suo posto.

Se noi donne non sappiamo vedere la possibilità che ci danno certi tentativi maschili di superate la discriminazione e lo stereotipo, abbiamo ancora molta strada da fare. Ma Achille ci dice altro. Che gli uomini devono fare il loro, come chiedeva, durante la prima serata dello stesso Festival, la giornalista palestinese Rula Jebreal

 

Intanto il cinema ci regala “Figli” che offre una foto abbastanza reale delle coppie italiane.

 

Il film Figli (2020) – scritto da Mattia Torre per la regia di Giuseppe Bonito – racconta proprio di quanto sia complicato crescere i figli insieme, anche se ci si vuol bene, anche se ci si prova.

Di quanto cercare di fare del proprio meglio a volte non basta, perchè è tutto un paradigma culturale che deve cambiare. La sua comicità, graffiante e riflessiva, a seconda della bisogna, riempie  lo spirito del film. E ci aiuta a capire. 

 

Fare i genitori è un piccolo inferno, un po’ come il Titanic. Eppure, con un po’ di impegno, si riesce a navigare per un giorno in più. A non affondare.

 

Sara (Paola Cortellesi) e Nicola (Valerio Mastandrea) alle prese con il secondo figlio, scoprono la difficoltà di resistere come coppia e come persone, cercando di fare le cose per bene. Con poco sostegno da parte delle generazioni passate e con tanta stanchezza, vedono la loro relazione messa a dura prova giorno dopo giorno.

 

Credo che moltissime coppie si siano ritrovate specialmente in una scena. Quando Sara rientra dopo la sua prima serata libera con le amiche e trova Nicola, in versione super eroe, che vanta le sua mille fatiche come fosse una opera straordinaria fare quanto per Sara è l’ordinario. 

 

Per molti uomini aiutare con i figli e casa è fare qualcosa di grandioso. 

 

Dimenticano che il progetto di vita comune e figli comuni è nato tra due persone, entrambe intestatarie di onori e oneri del vivere comune. 

 

Alla fine siamo ancora distanti da poter dire che le coppie vivono senza alcune discriminazione i ruoli di genitori. Quello che è necessario è un lungo lavoro, che parte dalle parole passando per le emozioni, per arrivare ai fatti. Un percorso che deve ancora compiersi. La bellezza delle persone, intente nel complicato e faticoso lavoro del fare famiglia, è ancora qualcosa di speciale e pieno di storie da raccontare. Vogliamo poterlo fare in maniera sempre più alla pari. Potendo offrire a tutte le bambine a ai bambini un futuro alla pari, squisitamente arricchito dalle differenze ma ancor più dalle pari opportunità.
 
 



Pollicino:  La fatica di essere genitore/trice
L’Orco: Il peso del linguaggio che appesantisce ancora le donne
L’arma segreta: Reinventare le parole e l’immaginario per creare un vero linguaggio a due.

Marzia Cikada

She - Her Psicologa, psicoterapeuta, sex counseling, terapia EMDR per il trauma. Incontra persone che vogliono stare meglio, a partire dall'adolescenza. Nel suo spazio ogni persona può sentirsi a casa. Ha creato il progetto Vitamina di Coppia, con la collega Sara De Maria. Riceve online e nei suoi studi di Torino e Torre Pellice.

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