Quando Lasciare è Prendere – Psicologia e Biondɜ Tartarughɜ Corazzatɜ
La tartaruga
un tempo fu
un animale che correva a testa in giù
ma avvenne un incidente.
La Tartaruga, Bruno Lauzi 1975
E’ davvero quando smetti di cercare che qualcosa arriva? Seppure non possiamo ritenere scientifica la saggezza popolare, non possiamo, con la stessa convinzione, non ritenere che qualcosa ci sia di estremamente acuto in quell’invito a fermarsi sull’urlo della vertigine di pensieri. Darsi tempo.
Lasciare che le cose vadano. Ecco che, allora, le si guarda in un modo diverso. Con occhi che non vedono più, ma riflettono quello che vedono, come in uno specchio d’acqua dove poi diventa tutto sfumato e si allontana. Senza peso.
Se siamo presentɜ a noi stessɜ abbiamo occhi diversi. Liberɜ di non fermarsi sulla superficie delle cose, capaci di andare oltre le immagini, i volti, i gesti.
Ma non perchè il destino faccia il suo corso, solo per prepararci ad accoglierlo.
Ci lasciamo spesso trasportare da eventi che non ci permettono di perdere tempo. Sempre fieramente ordinati, anche nello scompiglio delle giornate. Nessuno mai gira la testa a destra e sinistra, esiste solo il davanti. Non ci sono inciampi, se rallenti sarà al massimo un fiorire di campanelli o clacson che ti ricordano di andare. Di riprendere la corsa.
Ma l’affanno, l’ansia da prestazione che sale senza limiti e ci coinvolge tuttɜ, non è il solo modo di vivere.
Possiamo fermarsi, ascoltare quello che ci vorremmo dire se creassimo il tempo per farlo, se non avessimo paura di ascoltarci, lasciando che le cose vadano.
Un lasciare che è prendere. Prendere tempo per sé, prendere decisioni consapevoli, prendere la strada che vogliamo davvero percorrere.
Ma il traguardo dov’è?
Il traguardo siamo noi noi stessɜ. Non facciamoci fregare con chi vuole costringerci, anche con prospettive zuccherate e suggestive, a seguire i suoi obiettivi. Non corriamo una corsa che non ha molto a che fare con noi stessɜ. A volte quello che vogliamo è una semplice scampagnata.
Mi viene in mente la Tartaruga (1975- Bruno Lauzi) della canzone. Quella che correva, correva e non guardava il mondo. Solo ci stava in mezzo come un siluro. Quella che il tempo non lo viveva ma solo attraversava. A fermare la testuggine della canzone, che io per inciso adoravo da bambina, fu un brutto incidente che le costò, narra la strofa, anche qualche dente.
Non attendiamo che la vita ci faccia del male, diventiamo consapevolɜ di quello che siamo e vogliamo. La saggezza delle vecchie filastrocche è chiara, quando ti fermi e lasci che a correre siano solo gli altri, se proprio vogliono, scopri un mondo che non avevi assaporato. Nel caso della nostra Tartaruga…
…andando piano lei trovò
la felicità:
un bosco di carote,
un mare di gelato,
che lei correndo troppo non aveva mai guardato,
e un biondo tartarugo corazzato
Fermati. La tua vita la stai vivendo o solo attraversando? Fatti Tartaruga e trova, se vorrai, lə biondə tartarugə corazzatə che è in serbo per te! Non sarà il destino a presentartelə, sarai tu a creare le connessioni che contano.
Pollicino: Correre sempre, fermarsi mai
L’Orco: Perdere la consapevolezza delle nostre scelte
L’arma segreta: Decidere per sé, scoprendo cosa vogliamo davvero