
Questa nostra pesante Corazza. Quando la Terapia incontra la Storia nascosta nel Guerriero.
Quanti guerrieri ho visto entrare nella mia stanza di terapia? Armature brillanti, sguardi fieri, diretti gli uni o nascosti nel loro dolore gli altri.
Perchè capita che un poco di dolore talvolta non riesca a star tutto tra le maglie d’acciaio e si infili tra l’una e l’altra, cerchi di scappare, di farsi notare. Quante storie di battaglie, dolore, ferite insanabili ho ascoltato? Storie che si raccontano a fatica, che si aprono lentamente, come fiori timidi in mezzo all’asfalto cittadino, che temono ogni raggio di sole come chi per troppo tempo ha vissuto nell’ombra di un sottoscala, come chi per proteggersi da una guerra minacciata abbia finito per il chiudersi in un bunker prima ancora di sentire la sirena, solo per il timore fosse vicino il momento terribile.
C’è un posto speciale dove metto a riposare le corazze che vengono lasciate nel mio studio.
Un posto che è dentro la memoria degli incontri vissuti, un posto che serve per non dimenticare come si era deboli ricoperti di ferraglia, rigidamente difesi dal mondo e come invece ci si ritrova forti proprio quando la si lascia in un angolo, per camminare scalzi verso una nuova possibilità.
Ho rivisto il film di W. Wenders “Il Cielo sopra Berlino” (1987) diverse volte dall’anno della sua uscita. Un angelo decide di abbandonare la sua infinitezza, il suo essere angelico per entrare e perdersi tra gli uomini, vivere le piccole meraviglie che si vivono ogni giorno da queste parti, un bicchiere di vino, una mano che ti sfiora, un sorriso. Nella scena che sempre più mi emoziona, l’angelo si ritrova per strada, felice, senza la sua corazza angelica, anzi se la vende. E’ un momento catartico, di speranza.
Ma dove si forgiano le corazze che in tanti portano?
Come è possibile un tanto rigoglioso esercito di cavalieri per le strade?
La vita è una fantastica avventura piena di pericoli quasi quanto di magie, l’uomo è piccolo di fronte a tanta grandezza e come ogni creatura si difende dal dolore e cerca rifugi buoni per passare la notte, spinto dal naturale istinto di sopravvivenza. Se abbastanza spaventato, trasforma in luogo sicuro anche una caverna buia. Il rischio è che passato il pericolo, si preferisca restare in un cantuccio che uscire fuori a veder spuntare il giorno.
Tante storie che vedono come protagonisti donne e uomini all’apparenza rigidi, rassegnati, certi della loro incapacità di essere altro che quello, sono storie di paura, di disagio, di notti oscure in cui ci si è nascosti dentro qualche angolo buio, uscendone senza il piacere delle piccole cose, armati fino ai denti per difendersi dal dolore.
Storie di abbandono, violenza, assenze, solitudini, ansie che hanno impedito al bambino che si era di avere il coraggio di conquistare quel pezzetto di mondo che spetta a tutti noi. Una conquista che avviene con la fiducia e il piacere di essere autonomi, una conquista di benessere che si nutre di relazioni, sicurezza, appartenenza ma anche libertà, differenza, piccoli rischi. Ma bisogna sentirsi capaci di tali conquiste, ci vuole una certa sicurezza e idea di potercela fare per entrare da protagonisti nella propria vita.
Come possiamo credere che siano pronti a rischiare bambini cresciuti con la paura di sbagliare, con il timore del giudizio, con lo spettro dell‘”uomo nero” ancora tanto presente nelle culture e sempre pronto a punire, frustrati nei tentativi di indipendenza, derisi nelle loro fragilità?
Certo cresceranno anche loro e nel modo che meglio riusciranno a trovare, tenteranno di provare la vita, ma ogni refolo di vento sarà per loro tempesta e sarà tanto più facile nascondersi dentro la loro corazza che presto non ricorderanno neppure più il calore del sole sulla pelle. Le relazioni che sapranno costruire soffriranno di questa paura, saranno spesso immature, si troverà un compagno/a con la stessa fragilità o un nuovo genitore che accudisca perché non si è in grado di fare nulla con le proprie forze. Se la coppia resisterà, sarà ancor più delicato viversi come genitore, affrontare la sfida di crescere altre creature quando ancora ci si sente terribilmente bisognosi di cure o incapaci di dare per paura di perdere, spaventati dalla tenerezza, allontanati proprio da quel sentimento amoroso che pure si vorrebbe provare per intero.
Ogni storia crea il suo modo speciale per allontanarsi dal mondo, quando il mondo spaventa. Qualcuno si chiude in casa, altri abbassano il capo e aspettano il passare del tempo rassegnati, alcuni sviluppano segni tangibili, visibili per allontanarsi dalle emozioni e dagli altri.
Pensiamo al valore psicologico delle malattie della pelle, come la psoriasi, che riparano da emozioni dolorose come gli aculei del riccio, cercando di mandare il messaggio “state lontani da me”. E con il tempo, la difesa, la corazza scelta diventerà una compagna di sempre. Si auto-manterrà, difficilmente si incrinerà col tempo, diventerà anzi più forte e inespugnabile. Ma se nelle battaglie corpo a corpo la corazza serviva a difendere, mostrandosi allora necessaria, si potrebbe dire lo stesso di questi guerrieri del quotidiano? Sarà allora più sereno chi la porta? No. Si sentirà protetto ma una protezione che toglie la possibilità di respirare, di essere spontanei, di essere fieri di se stessi diventa presto una dolorosa prigione in cui ci si rinchiude sempre più per paura di non saperne uscire che per desiderio di restare.
Quando una piccola breccia entra in queste corazze, quando il peso di ogni passo diventa troppo, allora qualcuno ha la forza di chiedere aiuto.
E’ di certo l’atto più coraggioso che si riesce a regalare a se stessi, aiuto per cambiare qualcosa nella storia, per provare a vedere con altri occhi, per provare a provarsi in una maniera nuova e solo perché nuova, curativa dell’idea che non c’era altra soluzione.
La terapia è uno spazio dove si impara ad aver fiducia in quella parte di se che si è tenuta nascosta, dove si fa la pace o finalmente si litiga con la storia che ci appartiene, con le famiglie che ci hanno accompagnato, con le paure che ci hanno nascosto a noi stessi.
Lentamente, le maglie cedono, il passo si fa meno pesante e, con non poco coraggio, nonché qualche pizzico a volte di impensabile, ci si ritrova a guardarsi con altri occhi, perdonandosi quanto è stato e aprendo per bene le braccia, assetate di abbracciare un nuovo futuro. Si tratta di percorsi possibili, alcuni lunghi altri più veloci, sempre diversi di storia in storia ma legati da un finale spesso simile, la gioia di chi da guerriero si scopra capace di girare finalmente “leggero” insieme con quella di chi proteggerà il ricordo di tante corazze, perché possa essere di spinta ad altro, in quello spazio ricco che possiamo chiamare esperienza o passione per il proprio delicato mestiere.
Pollicino: I tanti guerrieri che si incontrano nel mondo L’Orco : Le ferite che si sono vissute, la paura di non potercela fare, il dolore di sentirsi spaventati. L’arma segreta : Far entrare lentamente una nuova visione del mondo e stordirla di fiducia e possibilità
Giordana
Bellezza e verità sconcertante in queste righe che tanto mi hanno emozionato…grazie di cuore.
Corazzato
Mi sento così toccato nel profondo che muovo la mia corazza per mettere un commentino.. Se al mondo ci fosse più gente dotata di questa sensibilità, la società ne potrebbe giovare un sacco. È anche vero, però, che se stessimo meglio, molti motivi per sviluppare tal sensibilità sparirebbero..
Dott.ssa Marzia Cikada
Grazie Corazzato. Un grazie speciale.