#nonbastadirlo – Quanti pregiudizi hai? Contro l’omobitransfobia mascherata.
Non giudicate e non vi sbaglierete mai.
Jean Jacques Rousseau
L’omofobia e la transfobia violano la dignità umana, ledono il principio di eguaglianza e comprimono la libertà e gli affetti delle persone.
Sergio Mattarella
I pregiudizi esistono.
In questa estate 2021 dove si incrociano le dita per non tornare a chiuderci in casa causa varianti del covid, si sta combattendo una lotta civile importante. Quella perché sia accolta in questo paese una legge che protegga le persone dalla discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. Parlo del Decreto di Legge (Ddl) Zan (prima di tutto leggiamolo). E’ il momento di fare i conti con quello che cova dentro ognuno di noi, persone in questo paese.
Perché serve una legge?
Perché ogni persona deve essere tutelata nella libertà di essere se stessa. E qui entra in campo la psicologa. Mettiamo da parte i comportamenti più aggressivi e violenti che hanno una risonanza maggiore, stiamo parlando di un cambio di cultura massiccio, virando verso una inclusività che non siamo ancora statə* (vedi in fondo al post per l’uso della schwa) in grado di costruire. So che moltissime persone, a queste affermazioni, dicono “ma io tratto tutte le persone allo stesso modo“. Ebbene, ne siamo certə?
Il pregiudizio alberga dentro di noi più in profondità di quanto ci piacerebbe credere. Ogni pregiudizio. Per molte persone averne è necessario..
I pregiudizi diventano una abitudine che semplifica la vita.
Rendono tutto più confortevole e se tutto va “bene” e non si incontrano motivi per metterlo in dubbio, il pregiudizio ci può accompagnare fino al nostro ultimo giorno. Parlando di orientamento sessuale e identità di genere, molte persone vivono la vita senza mai dichiararsi, senza fare coming out proprio per paura di sbattere contro questi pregiudizi, in famiglia prima di tutto e poi in strada, al lavoro, in palestra, in chiesa. Questo porta, ogni anno, moltissime persone giovani e non giovani, a vivere con depressione e ansia la loro vita, a limitarsi, mettersi in un angolo, chiusi nell’armadio da cui, una maggiore capacità di empatia e ascolto, permetterebbe loro di uscire. Davanti ad una maggiore cultura capace di parlare serenamente di orientamento, genere, sessualità diverse, le persone si fanno avanti e quindi i pregiudizi tremano. Questa è una occasione. Per capire quanti pregiudizi hai, riconoscerli e liberartene.
Via dai pregiudizi con la mente libera e aperta, si può vedere non solo che la diversità non è un pericolo ma che è ricchezza che può rendere migliori le nostre vite.
Fatti qualche piccola domanda e ascolta cosa succede alle tue emozioni e ai tuoi pensieri rispondendo.
- Per te le persone sono tutte uguali, però sposarsi ti sembra troppo.
- Perché devono baciarsi o tenersi la mano in pubblico?
- Figli nelle coppie omosessuali o eterosessuali ma con una persona transgender. Senti ci sia qualcosa contro natura?
- Hai una persona che conosci gay, lesbica, trans, gender free? E se ci fosse ma non te l’avesse mai detto?
- Cosa succede se l’insegnante di pilates o chi ti fa l’assicurazione della macchina, se l’insegnante dei tuoi figli o l’infermierə che si occupa di una persona a te cara fosse parte del mondo LGBTQI+?
- Tuə figliə ti chiede di andare al Pride. Cosa pensi? Cosa rispondi?
- Cosa pensi della sessualità delle persone LGBTQI+?
Sotto molti pregiudizi alberga il bisogno di una sicurezza, di una fede a cui affidarsi ciecamente. Ma il mondo non è fermo, si muove continuamente e non si tratta di moda, si tratta di cominciare a lasciare spazio perché ogni persona possa autodeterminarsi e definirsi, nel rispetto dei suoi tempi.
Ma chi teme il diverso fuori o dentro di sé, ha bisogno di certezze.
Le motivazioni che le persone omofobe fanno per esprimere il loro pensiero sul mondo LGBTQI+ sono così inamovibili anche quando esplosivamente sbagliate e fuori tempo. Si tratta di aver necessità di aggrapparsi a qualcosa che sia la verità, o almeno quella che un certo tipo di cultura ha fatto passare per tale. Ma la verità non esiste. Esistono le storie, i tempi maturi per un cambiamento che sia in grado di fare spazio a chiunque, le emozioni e i dati oggettivi. Per questo, bisogna informarsi, per evitare di cadere nel baratro del “E’ così! E’ sempre stato così!” che tanto può essere pericoloso. A partire dai matrimoni per tuttə, dall’idea che essere inclusivə significhi essere eterofobə, cioè che dare la libertà ad una persona non binaria (che non ci riconosce come maschio o femmina, anche se con caratteri sessuali biologici dell’uno o dell’altra) sia una lesione alla libertà di essere eterosessuale – quindi diventi discriminata la possibilità di amare le persone dell’altro sesso. Niente di più sbagliato. L’idea è che sia possibile a tuttə vivere relazioni soddisfacenti, romantiche, amicali, sessuali, familiari. Senza fermarsi alle etichette. Anche se ora, di etichette, ne abbiamo bisogno. Perché? Le minoranze hanno necessità di sigle e bandiere perché sia possibile essere vistə, proprio perché si vive in una società che tende ad omologare e appiattire. Riconoscersə parte di qualcosa, appartenere ad un gruppo, sentirsi sicurə, mentre non sempre è possibile sentirsi tali tra le pareti di casa propria. Poi, certamente ci saranno pensieri estremi anche nella popolazione LGBTQI+ ma anche in questo caso, sebbene con numeri più bassi e ben meno pericolosi per la popolazione eterosessuale-cisgender, si tratta di pregiudizi da superare.
L’ignoranza è meno lontana dalla verità del pregiudizio.
Denis Diderot
L’orientamento, come la propria identità sessuale, non è una questione di scelte.
La libertà di vivere serenamente di una persona, non toglie nulla all’altra, seppure siano diametralmente opposte. Dietro molti pregiudizi c’è la paura, di perdere il controllo su un mondo che, comunque, non è controllabile. In molti genitori di persone transgender o omosessuali, la paura è quella che chi amano possa avere una vita troppo complicata, piena di difficoltà e violenza.
Il primo pericolo per le persone LGBTQI+? L’autocensura. Che gli si dica che non sanno chi sono, che è il mondo intorno a loro a saperlo.
E’ quando le persone sono circondate da pregiudizi e stereotipi – da quelli sul genere a quelli sull’orientamento – che cercano di omologarsi per non perdere le persone care, invece perdono la cosa più preziosa, se stessə. Finiscono con l’odiarsi, autolesionarsi, uccidersi anche, per evitare di essere chi sono. E’ sempre capitato, per tenere al sicuro tanti pregiudizi. Liberiamoci di questi per liberare tuttə le persone che sanno chi sono, ma non osano dirlo a gran voce. Siamo responsabili di quello che vivono le persone intorno a noi.
Gruppi di amici che si dicono liberi da omofobia, ma se devono prendersi in giro si chiamano “finocchio”.
Famiglie che si dichiarano aperte, ma insistono perché la loro figlia gli porti un fidanzato o vesta come “sarebbe normale”.
Posti di lavoro che discriminano per l’identità di genere al momento del colloquio, portando le persone a nascondersi per avere un posto.
Il nostro sguardo vede quello che vuole vedere, quanto lo rassicura. Sotto il mare piatto di una superficiale inclusività si muove un mondo di paure che dicono a gran voce “sii te stessə, ma solo fino a quando mi fai sentire al sicuro, fino a quando non tocchi il mio mondo”. Non è disponibilità, non è empatia, né ascolto…questa è omobitransfobia. Puoi trasformarla in altro, ma devi esserne consapevole.
Ascoltare senza pregiudizi o distrazioni è il più grande dono che puoi fare a un’altra persona.
Denis Waitley
E nel mondo della psicologia? Possiamo far sentire tuttə al sicuro?
No. Anche negli studi di chi ha counseling, psicoterapia, coaching bisogna chiedersi sempre “quanti pregiudizi ho?”
Una bella iniziativa è stata quella della collega, psicoterapeuta e consulente sessuale, Francesca Fadda, ne ha parlato nel suo sito (qui puoi leggere il suo articolo) e sono stata felice di partecipare. Si è trattato di rendere il bagno degli studi, luoghi di lavoro etc gender free. Cioè? Liberare ogni persona non binaria (che non si riconosce come maschio o femmina o nel suo sesso biologico), che viene nella tua attività o loro parentə e amicə, del dubbio se tu hai o non hai pregiudizi. Dare un messaggio chiaro che il posto dove lavoriamo è libero e pronto a far star comodə chiunque senta la necessità di chiedere aiuto (nel caso di uno studio di psicologia) o anche solo entra nel tuo posto di lavoro pubblico (bar, uffici, qualunque tipo di esercizio). Un modo per far sentire tuttə al sicuro, dire a chiunque entra nel tuo spazio “qui le persone sono sempre accolte“.
Si tratta di un piccolo passo ma che contiene una grande dimostrazione di essere prontə a superare il limite interno al nostro pensiero.
Un piccolo passo nell’ottica affermativa per nulla scontato, che ha incontrato ostacoli, critiche, che è stato osteggiato perché non rende i luoghi neutri. Ma di quale neutralità di parla? Molte discussioni avute, mi hanno lasciato domande, certo, ma anche una certezza tutta mia.
Chi esercita la mia professione ha la responsabilità di eliminare prima ogni pregiudizio o traccia di omobitransfobia dentro di sé, al di là di formarsi in maniera adeguata se lavora con queste tematiche. A prescindere che si lavori con persone LGBTQI+ e le loro famiglie, non si dovrebbe essere, allo stesso tempo, professionista della psicologia e persona omobitransfobica (in nessuna misura).
Un tale limite, è un pericoloso troppo grosso che crea un problema etico enorme a tutta la categoria e un problema per chi dovesse trovarsi a voler parlare di sé senza la certezza di trovare accoglienza dall’altra parte, l’ascolto necessario come base del lavoro psicologico. Non solo dovrebbe esserci una maggiore presenza di questi temi nella preparazione universitaria, ma una maggiore consapevolezza in ogni singolə professionista.
#nonbastadirlo ma è necessario essere prontə ad agire in una ottica libera da pregiudizi e stereotipi.
Ogni giorno, dal linguaggio alle nostre azioni, informandoci, non guardando dall’altra parte. Facendo domande prima di tutto a noi stessə. Cosa possiamo fare allora? Mica posso scrivere tutto in un post. #nonbastadirlo tornerà nelle prossime settimane.
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